Volodyk - Paolini2-Eldest

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Roran annuì. «Farò del mio meglio.»

Al fianco di Morn si alzò Tara, torreggiando sul marito. Era una donna corpulenta, con i capelli neri striati di grigio e mani forti, capaci tanto di tirare il collo a una gallina quanto di separare due litiganti. «Farai del tuo meglio sì, Roran, altrimenti ci saranno altri funerali.» Poi si rivolse a Horst. «Prima di procedere, abbiamo degli uomini da seppellire. E ci sono dei bambini che devono essere messi al sicuro, magari nella fattoria di Cawley a Nost Creek. Dovresti andare anche tu, Elain.»

«Non lascerò Horst» dichiarò Elain, con calma serafica.

Tara si scaldò. «Non c'è posto qui per una donna incinta di cinque mesi. Perderai il bambino, se te ne andrai in giro correndo di qua e di là come hai già fatto.»

«Mi farebbe ancora più male se fossi lontana a tormentarmi nell'ignoranza. Qui ho partorito i miei figli, e qui resterò, come so che farete tu e tutte le altre donne di Carvahall.»

Horst girò intorno al tavolo e con un'espressione di profonda tenerezza prese la mano di Elain. «Né io ti vorrei da qualche altra parte che non sia al mio fianco. Ma i bambini dovrebbero andare. Cawley si prenderà cura di loro, e noi faremo in modo che la via per arrivare alla sua fattoria sia sgombra.»

«Non solo» gracchiò Loring, «ma nessuno di noi, assolutamente nessuno deve avere contatti con le famiglie giù della valle, a parte Cawley, s'intende. Loro non possono aiutarci, e noi non dobbiamo permettere che quei profanatori le perseguitino.»

Tutti convennero che aveva ragione, poi l'assemblea si sciolse e i partecipanti si dispersero per Carvahall. Poco dopo, però, si riunirono tutti di nuovo, insieme alla maggior parte del villaggio, nel piccolo cimitero alle spalle della casa di Gertrude. Dieci cadaveri avvolti in bianchi teli erano adagiati accanto alle fosse, un rametto di cicuta sui gelidi petti e un amuleto d'argento intorno a ciascun collo.

Gertrude fece un passo avanti e recitò i nomi degli uomini: «Parr, Wyglif, Ged, Bardrick, Farold, Hale, Garner, Kelby, Melkolf e Albem.» Depose sugli occhi di ciascuno due sassolini neri, levò le braccia, alzò il viso al cielo e intonò un lugubre canto di morte. Le lacrime le scorrevano dagli occhi chiusi, mentre la sua voce, rotta dai singhiozzi, cantilenava frasi antiche quanto il mondo. Cantò della terrà e della notte e dell'eterno dolore dell'umanità a cui nessuno può sfuggire.

Quando l'ultima nota dolente si spense nel silenzio, i membri delle famiglie pronunciarono brevi discorsi per ricordare coloro che avevano perduto. Poi le salme furono interrate.

Mentre ascoltava, Roran posò lo sguardo sull'anonimo tumulo dove erano stati sepolti i tre soldati. Uno ucciso da Nolfavrell, e due da me. Sentiva ancora lo schianto viscerale dei muscoli e delle ossa che cedevano... si spezzavano... si riducevano in poltiglia sotto il suo martello. Sentì in bocca l'amaro sapore della bile e dovette sforzarsi di non vomitare davanti a tutto il villaggio. Sono io che li ho massacrati. Roran non aveva mai pensato né desiderato di uccidere, eppure aveva tolto più vite di chiunque altro a Carvahall. Aveva la sensazione che un marchio di sangue gli fosse stato impresso sulla fronte.

Si allontanò il più in fretta possibile, senza nemmeno fermarsi a parlare con Katrina, e si inerpicò su un colle per poter osservare tutta Carvahall e decidere come meglio proteggerla. Purtroppo le case erano troppo distanti l'una dall'altra per formare un perimetro difensivo semplicemente barricando gli spazi fra gli edifici. E comunque non sarebbe stata una buona idea far arrivare i soldati fin sotto le case della gente, a combattere nei loro giardini. Il fiume Anora protegge il nostro fianco occidentale, pensò, ma non riusciremmo a tenere lontano neppure un bambino dal resto... Cosa possiamo costruire in poche ore che faccia da solida barriera difensiva?

Tornò di corsa nel cuore del villaggio, gridando: «Mi serve ogni uomo libero per aiutarmi a tagliare gli alberi!» Dopo un minuto, gli uomini cominciarono a riversarsi sulla strada dalle case. «Avanti, ancora! Dobbiamo dare tutti una mano!» Roran attese che il gruppo intorno a lui aumentasse.

Uno dei figli di Loring, Darmen, gli si affiancò. «Qual è il tuo piano?»

Roran alzò la voce perché tutti potessero udirlo. «Ci serve uno sbarramento intorno a Carvahall, il più massiccio possibile. Ho pensato che se tagliamo qualche grosso albero, lo mettiamo di traverso e facciamo la punta ai rami, dovremmo essere in grado di fermare i Ra'zac.»

«Quanti alberi pensi che ci occorrano?» domandò Orval.

Roran esitò, cercando di calcolare a mente la circonferenza di Carvahall. «Una cinquantina, almeno. Magari sessanta, per fare le cose come si deve.» Gli uomini imprecarono e cominciarono a obiettare. «Aspettate!» Roran contò quanti erano. Quarantotto. «Se ciascuno di voi abbatte un albero nella prossima ora, ci saremo quasi. Che ne dite, ce la farete?»

«Ma per chi ci hai presi?» ribatte Orval. «L'ultima volta che ci ho messo un'ora per abbattere un albero, avevo dieci anni!»

Intervenne Darmen: «E i cespugli di rovi? Potremmo metterli sui tronchi. Non conosco nessuno che sappia arrampicarsi in un groviglio di spine.»

Roran sogghignò. «Ottima idea. Mi rivolgo a quelli che hanno figli. Fateli andare a prendere i cavalli, per poter trascinare qui gli alberi.» Gli uomini assentirono e si sparpagliarono per Carvahall a prendere seghe e accette. Roran fermò Darmen e disse: «Assicurati che gli alberi abbiano rami lungo tutto il tronco, altrimenti sarà inutile.» «Tu dove vai?» chiese Darmen.

«A lavorare a un'altra linea di difesa.» Roran lo lasciò per correre a casa di Quimby, dove trovò Brigit occupata a inchiodare assi alle finestre.

«Sì?» disse lei.

Lui le spiegò per sommi capi il suo piano con gli alberi. «Voglio scavare una trincea all'interno dello sbarramento di alberi, per rallentare chiunque riesca a passare. Potremmo persino piantare dei pali appuntiti sul fondo e...» «Vieni al punto, Roran.»

«Vorrei che fossi tu a organizzare il gruppo delle donne e dei bambini in grado di scavare. Non posso fare tutto da solo, e non ci resta molto...» Roran la guardò dritto negli occhi. «Ti prego.»

Brigit aggrottò la fronte. «Perché lo chiedi a me?»

«Perché tu, come me, odi i Ra'zac, e so che faresti di tutto per fermarli.»

«Già» mormorò Brigit, poi battè le mani decisa. «Molto bene, come desideri. Ma non dimenticherò mai, Roran Garrowsson, che siete stati tu e la tua famiglia a decretare il fato di mio marito.» Si allontanò a grandi passi, senza lasciargli il tempo di rispondere.

Roran accettò il livore della donna con serenità; doveva aspettarselo, tenendo conto del lutto che l'aveva colpita. Era fortunato, anzi, che la donna non avesse preteso una faida di sangue. Si riscosse e andò di corsa all'incrocio dove la strada maestra entrava a Carvahall. Era il punto più debole del villaggio e necessitava di una doppia protezione. Non dobbiamo più permettere ai Ra'zac di aprirsi un varco con un'esplosione.

Roran reclutò Baldor, e insieme cominciarono a scavare una trincea perpendicolare alla strada. «Dovrò andarmene presto» lo avvertì Baldor, fra una picconata e l'altra. «Papà ha bisogno di me alla fucina.»

Roran borbottò il suo assenso senza alzare gli occhi. Mentre lavorava, la sua mente tornò ad affollarsi di ricordi dei soldati: come gli erano parsi mentre li colpiva, e la sensazione, l'orribile sensazione di fracassare un corpo come fosse legno marcio. Si fermò, nauseato, e notò il fermento che animava Carvahall, mentre la gente si preparava al prossimo attacco.

Quando Baldor se ne andò, Roran completò da solo la trincea profonda fino alla cintola, poi andò alla bottega di Fisk. Col permesso del carpentiere, prese cinque lunghi pali di legno stagionato e li fece trascinare dai cavalli fino alla strada maestra. Lì infilò i pali appuntiti nella trincea, formando una barriera impenetrabile.

Mentre compattava il terreno intorno alla base dei pali, arrivò Darmen. «Abbiamo gli alberi. Li stanno sistemando proprio come hai detto.» Roran lo accompagnò ai margini settentrionali di Carvahall, dove dodici uomini sgobbavano per allineare quattro pini dalle verdi chiome rigogliose, mentre un tiro di cavalli, spronati dalla frusta di un ragazzino tornava sulle colline pedemontane. «Quasi tutti stanno sistemando gli alberi abbattuti. Gli altri si sono fatti trascinare dalla passione: sembravano decisi ad abbattere tutta la foresta quando me ne sono andato.»

«Bene, il legno in più ci sarà utile.»

Darmen indicò una catasta di rovi accumulata ai margini del podere di Kiselt. «Li ho tagliati lungo l'Anora. Usali dove serve. Io vado a cercarne degli altri.»

Roran gli diede una pacca sulla schiena, poi si avviò nella zona orientale di Carvahall, dove una lunga fila di donne, bambini e uomini lavorava nella terra. Trovò Brigit che impartiva ordini come un generale, e distribuiva acqua da bere agli scavatori. La trincea era già larga cinque piedi e profonda due. Quando Brigit si fermò per riprendere fiato, Roran disse: «Sono colpito.»

Lei si scostò una ciocca di capelli senza guardarlo. «Prima di tutto abbiamo arato il terreno. Così è stato più facile.» «Hai una pala da darmi?» chiese. Brigit gli indicò un cumulo di attrezzi dall'altro capo della trincea. Sul cammino intravvide lo scintillio ramato dei capelli di Katrina in mezzo alle altre schiene curve. Al suo fianco, Sloan il macellaio aggrediva il terreno con un'energia rabbiosa e ossessiva, come se volesse scuoiare la terra, privarla della sua pelle di argilla per esporre i muscoli sottostanti. I suoi occhi scintillavano di luce selvaggia, e i suoi denti lampeggiavano in un ghigno malevolo, malgrado i granelli di terra che gli insozzavano le labbra.

Roran rabbrividì davanti all'espressione di Sloan, e si affrettò a superarlo, voltando il viso per evitare di incontrare i suoi occhi iniettati di sangue. Afferrò un badile e lo affondò nel terreno, facendo del suo meglio per dimenticare le preoccupazioni con la fatica fisica.

La giornata proseguì in un continuo susseguirsi di attività, senza intervalli per mangiare o riposare. La trincea diventò sempre più lunga e profonda, finché non circondò due terzi del villaggio e raggiunse le sponde dell'Anora. La terra smossa venne accumulata sul bordo interno della trincea, nel tentativo di impedire a chiunque di saltarla, e di rendere difficile a chiunque uscirne.

Lo sbarramento di alberi venne terminato nel primo pomeriggio. Roran smise di scavare per aiutare ad appuntire i numerosi rami - contorti e intrecciati - e spargere le matasse di rovi. Di tanto in tanto dovevano spostare un albero affinchè i contadini come Ivor potessero guidare il bestiame al sicuro, all'interno di Carvahall.

Giunta la sera, le fortificazioni erano più robuste ed estese di quanto Roran avesse osato sperare, ma occorrevano ancora lunghe ore di lavoro per completare l'opera come desiderava.

Si sedette in terra, a masticare un pezzo di pane lievitato e a guardare le stelle attraverso il velo di nebbia della stanchezza. Una mano gli si posò su una spalla; era Albriech. «Tieni.» Albriech gli porse un rozzo scudo fatto di assi segate e inchiodate e una lancia lunga sei piedi. Roran li accettò con gratitudine, poi Albriech si allontanò per distribuire lance e scudi a chiunque incontrasse.

Roran si costrinse a rimettersi in piedi, andò a prendere il martello a casa di Horst e così armato andò all'imbocco della strada maestra, dove Baldor e altri due montavano di guardia. «Svegliami quando hai bisogno di riposare» disse Roran, sdraiandosi sull'erba soffice sotto la grondaia di una casa vicina. Posò le armi in maniera tale da trovarle anche al buio e chiuse gli occhi, in trepida attesa.

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