Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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Brom si strinse nelle spalle. «Ho sentito dire che i Ra'zac si spostano da un luogo all'altro a una velocità incredibile, ma questa è la prima volta che lo vedo con i miei occhi. Sarà impossibile trovarli, se hanno delle cavalcature volanti. Di una cosa sono sicuro però: non sono draghi. Un drago non accetterebbe mai di essere cavalcato da un Ra'zac»
«Che cosa facciamo? Saphira non può seguire le loro tracce in cielo. E se anche potesse, ti lasceremmo indietro.»
«Non c'è facile soluzione a questo problema» disse Brom. «Pensiamoci mentre pranziamo. Magari ci verrà un'ispirazione, tra un boccone e l'altro.» Eragon si avviò mestamente a prendere i viveri dalle bisacce. Mangiarono in silenzio, gli occhi rivolti al cielo sereno.
Ancora una volta Eragon pensò a casa e si chiese che cosa stesse facendo Roran. Gli apparve la visione di una fattoria, bruciata e il dolore minacciò di travolgerlo. Che cosa farò se non trovo i Ra'zac? Quale sarà il mio scopo, allora? Potrei tornare a Carvahall raccolse un ramoscello da terra e lo spezzò in due tra le dita oppure viaggiare con Brom e continuare il mio addestramento. Eragon contemplò le pianure, sperando di riuscire ad acquietare il tumulto dei propri pensieri. Quando Brom finì di mangiare, si alzò e abbassò il cappuccio. «Ho ripassato tutti i trucchi che conosco, tutte le parole di potere che sono alla mia portata, e considerato tutte le capacità a nostra disposizione, ma ancora non riesco a trovare il modo di rintracciare i Ra'zac.» Eragon si abbandonò contro Saphira, scoraggiato. «Saphira potrebbe farsi vedere in qualche città. Questo attirerebbe i Ra'zac come mosche intorno al miele. Ma sarebbe estremamente rischioso. I Ra'zac porterebbero con sé i soldati, e il re potrebbe dimostrarsi abbastanza interessato da venire di persona, il che vorrebbe dire morte certa per te e per me.»
«E dunque?» disse Eragon, allargando le braccia. Tu hai qualche idea, Saphira?
No.
«Dipende da te» disse Brom. «È la tua missione.»
Eragon digrignò i denti con rabbia e si allontanò da Brom e da Saphira. Stava per addentrarsi fra gli alberi, quando il suo piede urtò qualcosa di duro. Sul terreno c'era una fiaschetta di metallo con una cinghia di cuoio lunga abbastanza da passare sulla spalla di qualcuno. Su di essa era impresso un simbolo d'argento che Eragon riconobbe come l'insegna dei Ra'zac.
Eccitato, raccolse la fiaschetta e ne svitò il tappo. Un odore nauseabondo si sparse nell'aria, lo stesso che aveva annusato quando aveva trovato Garrow fra le macerie della loro casa. Inclinò la fiaschetta e una goccia di liquido chiaro e lucente gli cadde sul polpastrello. All'istante, il dito di Eragon bruciò come se l'avesse messo su una fiamma. Urlò e strofinò la mano sul terreno. Dopo un istante, il dolore calò, fino a diventare un sordo pulsare. Il liquido gli aveva corroso una chiazza di pelle.
Scuro in volto, tornò in fretta da Brom. «Guarda che cosa ho trovato.» Brom prese la fiaschetta per esaminarla, poi versò un po' di liquido nel tappo. Eragon fece per avvertirlo: «Attento, ti brucerà...» «La pelle, lo so» disse Brom. «Immagino che te lo sia versato sulla mano. Solo il dito? Bene, almeno hai avuto il buonsenso di non berlo. Di te non sarebbe rimasta che una pozzanghera melmosa.»
«Cos'è?» domandò Eragon.
«Un olio, estratto dai petali della Seithr, una pianta che cresce su una piccola isola nei freddi mari settentrionali. Allo stato naturale, quest'olio viene usato per preservare le perle; le rende lustre e resistenti. Ma se vengono pronunciate particolari parole su quest'olio, insieme a un sacrificio di sangue, esso acquista la proprietà di devastare la carne. Questa non sarebbe una caratteristica tanto particolare: esistono un'infinità di acidi in grado di dissolvere muscoli e ossa. Solo che quest'olio lascia tutto il resto intatto. Puoi immergervi qualunque cosa ed estrarla integra, a meno che non facesse parte di un animale o di un essere umano. Questo lo rende uno strumento ideale per la tortura o l'omicidio. Si può conservare nel legno, intingervi la punta di una lancia, o lasciarlo gocciolare sulle lenzuola affinchè la persona che le tocca bruci viva. Ci sono una miriade di usi per quest'olio, limitati soltanto dall'inventiva di chi lo utilizza. Le ferite che provoca sono lente a guarire, È piuttosto raro e costoso, specie in questa forma alterata.»
Eragon rammentò le terribili ustioni che aveva visto sul corpo di Garrow, Ecco che cosa hanno usato su di lui, capì con orrore. «Mi chiedo perché i Ra'zac lo abbiano lasciato indietro, se è così prezioso.»
«Devono averlo perso mentre volavano via.»
«Ma perché non sono tornati indietro a prenderlo? Dubito che il re li perdonerà quando scoprirà questa mancanza.»
«Giusto» disse Brom. «ma li perdonerebbe ancora meno se tardassero a portargli tue notizie. Sta' sicuro che se i Ra'zac lo hanno raggiunto, il re ora conosce il tuo nome. E questo vuoi dire che dobbiamo stare molto più attenti quando entriamo in una città. Ci saranno messaggi che ti riguardano affissi in tutto l'Impero.»
Eragon tacque per riflettere. «Quest'olio... quanto è raro, di preciso?»
«Quanto un diamante in un porcile» rispose Brom, asciutto. Poi aggiunse, con maggiore dolcezza: «In realtà quest'olio viene usato soprattutto dai gioiellieri, ma solo da coloro che se lo possono permettere.»
«Perciò esistono dei commercianti che lo vendono?»
«Forse uno, al massimo due.»
«Bene» disse Eragon. «Secondo te, le città costiere tengono i registri delle spedizioni?» Gli occhi di Brom s'illuminarono. «Naturalmente! Se riusciamo a controllare quei registri, scopriremo chi ha portato l'olio a sud e che direzione ha preso.»
«E il registro degli acquisti dell'Impero ci dirà dove vivono i Ra'zac!» concluse Eragon. «Non so quante persone possono permettersi quest'olio, ma credo che sia difficile trovarne anche solo una che non lavori per l'Impero.»
«Geniale!» esclamò Brom con un sorriso. «Vorrei averci pensato io anni fa; mi sarei risparmiato un sacco di grattacapi. La costa è disseminata di città e villaggi dove le navi possono attraccare. Suppongo che Teirm sia la località più adatta per cominciare, dato che controlla la maggior parte dei commerci.» Brom fece una pausa. «Per quanto ne so, il mio vecchio amico Jeod si è stabilito lì. Non ci vediamo da parecchi anni, ma sono sicuro che ci aiuterà, E dato che è un mercante, è possibile che abbia accesso a quei registri.»
«Come arriviamo a Teirm?»
«Dobbiamo procedere in direzione sudovest finché non raggiungiamo un valico sulla Grande Dorsale. Una volta superato il passo, seguiremo la costa fino a Teirm» disse Brom. Una brezza leggera gli scompigliò i capelli.
«Ce la facciamo a raggiungere il passo in una settimana?»
«Sicuro. Se ci allontaniamo dal Ninor verso destra, riusciremo a vedere le montagne per domani.» Eragon si avvicinò a Saphira e le montò in sella. «Ci vediamo a cena, allora.» Quando furono a una certa altezza, disse: Domani monterò Cadoc. Prima che tu possa protestare sappi che lo faccio solo perché voglio parlare con Brom.
Dovresti cavalcare con lui un giorno sì e uno no. Così potrai continuare a ricevere la tua istruzione, e io avrò tempo di andare a caccia.
Non ti dispiace?
È necessario.
Quando atterrarono, Eragon fu felice di scoprire che le gambe non gli facevano male. La sella lo aveva ben protetto dalle squame di Saphira.
Eragon e Brom praticarono il loro allenamento serale, ma senza energia, perché erano entrambi preoccupati per gli eventi della giornata. Quando ebbero finito, le braccia di Eragon bruciavano per lo sforzo di sostenere il peso di Zar'roc.
UN INTERMEZZO CANORO
I
l giorno seguente, mentre cavalcavano insieme, Eragon chiese a Brom: «Com'è il mare?» «Avrai pur sentito qualche descrizione, prima» disse Brom.
«Sì, ma com'è davvero?»
Gli occhi di Brom si velarono, come se stesse guardando una scena lontana. «Il mare è un'emozione incarnata. Il mare ama, odia, e piange. Sfida ogni tentativo di catturarlo a parole e rifiuta ogni pastoia. Qualunque cosa tu dica di lui, c'è sempre qualcosa che ti sfuggirà. Ricordi quando ti dissi che gli elfi venivano dal mare?»
«Sì.»
«Sebbene vivano lontani dalla costa, conservano sempre una grande passione per l'oceano. Il rumore delle onde che si frangono, l'odore salmastro dell'aria li affascinano enormemente e hanno ispirato molte delle loro canzoni più belle. Ce n'è una che parla di questo amore, se ti va di sentirla.»
«Mi piacerebbe» disse Eragon, curioso.
Brom si schiarì la gola e disse; «La tradurrò dall'antica lingua meglio che potrò. Non sarà perfetta, ma forse ti darà un'idea di come suonava in origine.» Fece fermare Fiammabianca e chiuse gli occhi. Tacque per un istante, poi intonò con voce dolce:
Oh, mare tentatore sotto l'azzurro cielo.
la tua distesa scintillante mi brama e mi chiama. Veleggerei per sempre nel sole e nel gelo, ma c'è un'elfica fanciulla che mi ama e mi chiama. A sé mi attira con le sue trecce bionde.
Ahimè, il mio cuore languefra la terra e le onde.
Le parole riecheggiarono lugubri nella mente di Eragon. «Questa canzone si intitola Du Silbena Datìa ed è molto più lunga di così. Io ti ho recitato una sola strofa. Narra la triste vicenda di due innamorati. Acallamh e Nuada, che furono separati dallo struggimento per il mare. Gli elfi trovano questa storia densa di significato.»
«È bellissima» disse Eragon semplicemente.
Quando si fermarono per la notte, la Grande Dorsale si stagliò come un debole nastro scuro all'orizzonte.
Quando arrivarono alle colline ai piedi della Grande Dorsale, cambiarono direzione e seguirono le montagne verso sud. Eragon si sentì felice di essere di nuovo vicino alle montagne; davano al mondo confortanti confini. Tre giorni dopo raggiunsero un'ampia strada segnata dai solchi lasciati dalle ruote dei carri. «Questa è la strada principale che collega la capitale. Urù'baen, e Teirm» disse Brom. «È molto battuta perché è la rotta preferita dai mercanti. Dobbiamo stare più attenti. Questo non è il periodo più movimentato dell'anno, ma qualcuno può sempre passare.»
I giorni trascorsero rapidi mentre i due viaggiatori continuavano a seguire la Dorsale, cercando il valico di cui aveva parlato Brom. Eragon non poteva certo lamentarsi della noia. Quando non era impegnato ad apprendere la lingua elfica, imparava a prendersi cura di Saphira o si esercitava nella magia. Imparò anche a uccidere la selvaggina con la magia, il che risparmiava loro lunghe ore di appostamenti. Prendeva un piccolo sasso con la mano e lo scagliava contro la preda. Non falliva mai il bersaglio: i risultati dei suoi sforzi arrostivano sul fuoco ogni sera. E dopo cena. Brom ed Eragon si allenavano con le spade, e qualche volta a mani nude.
Le lunghe giornate in movimento e lo strenuo lavoro liberarono il corpo del ragazzo di ogni mollezza. Le sue braccia divennero fasci di nervi; sotto la pelle abbronzata guizzavano muscoli asciutti. Mi sto indurendo, e non solo nel fisico, pensava con una certa amarezza. Quando finalmente raggiunsero il valico, si trovarono la strada tagliata da un fiume che scorreva dal passo. «Questo è il Toark» spiegò Brom. «Lo seguiremo fino al mare.»
«Come facciamo» disse Eragon con una risata. «se scorre dalla Dorsale in questa direzione? Non può finire nell'oceano, a meno che non ripieghi su se stesso.»
Brom rigirò l'anello d'oro attorno al dito. «In mezzo alle montagne si trova il Lago Guadoscuro. Da ciascuna estremità del lago scorre un fiume, ed entrambi si chiamano Toark. In questo momento stiamo guardando quello che va verso oriente. Scorre verso sud e attraversa la prateria fino a gettarsi nel Lago di Leona. L'altro scorre verso il mare.»
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