Volodyk - Paolini1-Eragon.doc

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Dopo due giorni sulla Grande Dorsale, raggiunsero un altopiano da cui potevano vedere il panorama nitido delle montagne. Eragon notò come la terra si appiattiva in lontananza, e brontolò pensando alle leghe che dovevano ancora percorrere. Brom tese il braccio per mostrargli qualcosa. «Laggiù, verso nord, c'è Teirm. È un'antica cittadina. Alcuni sostengono che fu lì che gli elfi sbarcarono per la prima volta in Alagasëia. La cittadella non è mai caduta, e i suoi guerrieri non sono mai stati sconfitti.» Spronò Fiammabianca e lasciò l'altopiano.

La discesa attraverso le colline ai piedi dei monti durò fino a mezzogiorno del giorno dopo, quando giunsero sull'altro versante della Grande Dorsale, dove la terra ricoperta di foreste si distendeva in una pianura. Senza le montagne a nasconderla, Saphira volava rasoterra, usando dossi e avvallamenti per nascondersi.

Oltre la foresta notarono un cambiamento. La campagna era coperta di morbida torba e cespugli di erica in cui i loro piedi affondavano. Il muschio ricopriva ogni pietra e ramo e costeggiava i numerosi torrenti. Pozzanghere fangose costellavano la strada dove i cavalli avevano calpestato il terreno. In breve tempo. Brom ed Eragon si ritrovarono tutti schizzati di melma.

«Perché è tutto verde?» chiese Eragon. «Non hanno l'inverno, qui?»

«Sì, ma la stagione è mite. La nebbia e l'umidità arrivano dal mare e mantengono tutto in vita. C'è chi lo trova di suo gradimento, ma per me è lugubre è deprimente.»

Al calar della sera, si accamparono nel luogo più asciutto che riuscirono a trovare. Mentre mangiavano. Brom commentò: «Dovresti montare Cadoc finché non arriviamo a Teirm, È probabile che incontreremo altri viaggiatori, ora che abbiamo lasciato la Dorsale, ed è meglio se rimani con me. Un vecchio che viaggia da solo suscita sospetti. Con te al mio fianco, nessuno farà domande. E poi non voglio arrivare in città e incontrare qualcuno che mi ha visto da solo sulla strada, pronto a chiedersi da dove sei spuntato.»

«Useremo i nostri nomi?» disse Eragon.

Brom riflette un istante. «Non potremo ingannare Jeod. Lui conosce già il mio nome, e credo che possiamo fidarci a dirgli il tuo. Ma per gli altri, io sarò Neal, e tu mio nipote Evan. Se qualche volta ci sfugge lo stesso la verità, probabilmente non farà differenza, ma non voglio che i nostri nomi restino impressi a qualcuno. La gente ha la fastidiosa abitudine di ricordarsi le cose che non dovrebbe.»

TEIRM

D

opo due giorni di viaggio verso nord, verso l'oceano, Saphira fu la prima ad avvistare Teirm. Una pesante cappa di nebbia aleggiava sul terreno, impedendo a Brom ed Eragon di vedere in lontananza, finché da ovest non prese a soffiare una brezza sostenuta che dissipò

il velo grigio. Eragon rimase a bocca aperta quando finalmente comparve Teirm, la cittadina bagnata dal mare scintillante, dove fiere navi erano ormeggiate con le vele imbrogliate. In lontananza si udiva il sordo fragore della risacca.

La città era cinta da una muraglia bianca alta cento piedi e spessa trenta, con file di feritoie rettangolari e un camminamento in cima per i soldati e le sentinelle. La superficie liscia della muraglia era interrotta da due saracinesche di ferro, una che affacciava a ovest, sul mare, l'altra che si apriva a sud, sulla strada. Al di sopra della muraglia, addossata alla sua sezione settentrionale, si ergeva un'enorme fortezza fatta di pietre gigantesche e torrette. Nella torre più alta riluceva la lanterna di un faro. Il castello era l'unica cosa visibile al di là della fortificazione. C'erano alcuni soldati a guardia del cancello sud, ma reggevano le lance con noncuranza. «Questo è il nostro primo esame» disse Brom. «Speriamo che non abbiano ancora ricevuto nostre notizie dall'Impero e che non ci arrestino. Qualunque cosa accada, non farti prendere dal panico e non comportarti in maniera sospetta.»

Eragon si rivolse a Saphira. A desso atterra da qualche forte e nasconditi. Noi entriamo. Per andare a ficcare in naso dove non dovreste. Di nuovo, commentò lei, acida.

Lo so. Ma Brom e io godiamo di certi vantaggi che la maggior parte della gente non possiede. Andrà tutto bene.

Se qualcosa va storto, ti inchioderò al mio dorso e non ti lascerò più andare.

Anch'io ti voglio bene.

Ti legherò stretto.

Eragon e Brom avanzarono verso il cancello con aria disinvolta. Sull'ingresso sventolava un vessillo giallo con la figura di un leone rampante e una mano che stringeva un giglio. Mentre si avvicinavano alla muraglia, Eragon domandò, stupito: «Quanto è grande questo posto?» «È più grande di qualunque città tu abbia mai visto» rispose Brom.

Due sentinelle sorvegliavano l'ingresso a Teirm, le lance in pugno. «Nome!» disse una di loro in tono annoiato.

«Io sono Neal» rispose Brom con voce arrochita, le spalle curve, un'espressione di beata idiozia sul volto.

«E quest'altro chi è?» chiese la guardia.

«Be', ci stavo arrivando, È mio nipote, Evan, il figlio di mia sorella, non...»

La guardia annuì impaziente. «Sì, sì, ho capito. Che cosa siete venuti a fare qui?»

«Andiamo a trovare un suo vecchio amico» intervenne Eragon, adeguandosi al linguaggio spiccio. «Io lo accompagno perché magari si perde, se capite cosa intendo. Non è più tanto giovane, e ha preso un sacco di sole quando lo era. È rimasto un po' tocco per via della febbre, sapete.» Brom dondolò la testa come un vecchio rimbambito «Mmm, passate» disse la guardia, abbassando la lancia. «Ma tu bada che il vecchio non combini qualche pasticcio.»

«Oh, non temete» promise Eragon. Spronò Cadoc, e i due entrarono a Teirm. Gli zoccoli dei cavalli sul selciato facevano uno schiocco di nacchere.

Una volta lontani dallo sguardo delle sentinelle. Brom raddrizzò la schiena e borbottò: «Un po' tocco, eh?»

«Non potevo lasciare a te tutto il divertimento» lo canzonò Eragon. Brom distolse lo sguardo e mormorò qualcosa fra i denti. Le case erano grigie, tristi. Piccole finestre incassate lasciavano entrare rari raggi di luce. Gli usci erano stretti, i tetti piatti, circondati da ringhiere di metallo e coperti da lastre di ardesia. Eragon notò che le case più vicine alla muraglia di Teirm erano le più basse, mentre diventavano più alte via via che si procedeva verso l'interno. Quelle vicine alla fortezza erano le più alte, ma sempre insignifi canti rispetto alla sua mole.

«Questo posto sembra pronto alla guerra» commentò Eragon. Brom annuì. «La storia dì Teirm è un susseguirsi di attacchi da parte dei pirati, degli Urgali e di altri nemici. Questa città è stata a lungo il crocevia di intensi commerci, e c'è sempre battaglia, dove si accumulano tante ricchezze. Gli abitanti sono stati costretti a prendere misure straordinarie per difendersi. E aggiungi il fatto che Galbatorix ha mandato i suoi soldati per aiutarli a difendere la città.»

«Perché certe case sono più alte?»

«Guarda la fortezza» disse Brom, indicandola. «Da lassù si ha una vista completa di Teirm. Se qualcuno riuscisse ad aprire una breccia nella muraglia esterna, sui tetti verrebbero disposti gli arcieri. Poiché le case davanti, accanto alla muraglia, sono più basse, gli uomini più indietro potrebbero scoccare tranquillamente i loro dardi, senza paura di colpire i compagni, E se il nemico riuscisse a impossessarsi delle prime case e disporvi i propri arcieri, sarebbe uno scherzo abbatterli dall'alto.»

«Non ho mai visto una fortezza progettata in questo modo» disse Eragon, affascinato. «Sì, ma questo accadde solo dopo che Teirm fu quasi rasa al suolo da un'incursione pirata» disse Brom. Al loro passaggio, la gente li osservava incuriosita, ma senza eccessivo interesse. In confronto a come ci hanno accolti a Darei, qui ci ricevono a braccia aperte. Forse Teirm è sfuggita all'attenzione degli Urgali, pensò Eragon. Ma cambiò subito parere quando un.uomo di corporatura robusta li superò, con una lunga spada appesa alla cintura. Altri piccoli indizi alludevano a tempi turbolenti: non c'erano bambini che giocavano per strada, la gente aveva l'espressione torva e molte case erano deserte, con le erbacce che crescevano dalle fessure nei cortili lastricati. «Pare che se la passino male» disse Eragon. .

«È uguale dappertutto» disse Brom, cupo. «Dobbiamo trovare Jeod.» Guidarono i cavalli verso una taverna dall'altro lato della strada e li legarono ai pali di posta. «La Castagna Verde... splendido» mormorò Brom, osservando l'insegna sbiadita che pendeva sulle loro teste. Entrarono. Il locale era squallido e aveva ben poco di rassicurante. Il fuoco languiva nel caminetto, ma nessuno si prendeva la briga di aggiungere altra legna. I pochi avventori seduti negli angoli tenevano lo sguardo fisso sui propri boccali con espressione triste. Un uomo a cui mancavano due dita era seduto a un tavolo lontano e studiava i propri moncherini deformi. L'oste aveva una smorfia amara sulle labbra e teneva in mano un bicchiere che puliva in modo ossessivo, malgrado fosse rotto. Brom si appoggiò al bancone e chiese: «Sai dove posso trovare un uomo che si chiama Jeod?» Eragon, al suo fianco, giocherellava con la punta dell'arco che teneva a tracolla. Ma si sarebbe sentito più sicuro se l'avesse potuto impugnare.

L'oste si rivolse loro a voce molto alta. «E perché dovrei sapere una cosa del genere? Non è che sto dietro a tutti gli zotici di questo posto dimenticato dagli dei!» Eragon si fece piccolo piccolo quando tutti gli sguardi si appuntarono su di loro.

Brom continuò a parlare in tono tranquillo. «Forse queste potrebbero aiutarti a ricordare?» disse, e fece scivolare alcune monete sul banco.

L'uomo si illuminò e posò il bicchiere. «Può darsi» disse, abbassando la voce. «ma la mia memoria ha bisogno di un'altra spintarella.» Brom si accigliò, ma fece comparire altre monete sul banco. L'oste si succhiò l'interno della guancia, incerto. «D'accordo» disse alla fine, e tese una mano verso il denaro. Prima che potesse toccarlo, l'uomo senza due dita esclamò dal tavolo: «Garetti, cosa diamine credi di fare? Chiunque sa dirgli dove abita Jeod. Perché chiedi soldi per questo?» Brom si affrettò a rimettere le monete nella bisaccia. Gareth scoccò un'occhiata velenosa all'uomo seduto al tavolo, poi volse la schiena ai due viaggiatori e riprese il bicchiere. Brom si avvicinò allo straniero e disse: «Grazie. Mi chiamo Neal. Lui è Evan.»

L'uomo li salutò sollevando il boccale. «Martin, e ovviamente quello è Gareth.» La sua voce era bassa e roca. Martin indicò un paio di sedie vuote. «Prego, sedetevi. Fatemi compagnia.» Eragon prese una sedia e la sistemò in modo da dare le spalle al muro e il viso alla porta. Martin inarcò un sopracciglio, ma non fece commenti.

«Mi hai appena fatto risparmiare qualche corona» disse Brom.

«Non c'è di che. Ma non prendertela con Gareth, gli affari non vanno molto bene di recente.» Martin si grattò il mento. «Jeod vive nel quartiere ovest della città, vicino ad Angela, l'erborista. Dovete trattare affari con lui?»

«Più o meno» rispose Brom.

«Be', non credo sia interessato a comprare niente; qualche giorno fa ha perso un'altra nave.» Brom soppesò la notizia con interesse. «Che cosa è successo? Sono stati gli Urgali?» «No» rispose Martin. «Non si vedono da quasi un anno. Se ne sono andati via da questa regione, diretti a sudest, pare. Ma non sono loro il problema. La maggior parte dei nostri commerci avviene via mare, come di certo saprete. Be'...» S'interruppe per bere un sorso dal boccale. «... Da diversi mesi qualcuno ha cominciato ad attaccare le nostre navi. Non sono i soliti pirati, perché vengono abbordate solo quelle che trasportano le merci dì certi mercanti. Jeod è uno di loro. La cosa si è fatta tanto grave che nessun comandante accetta più di trasportare le loro merci, il che ha reso la vita piuttosto difficile da queste parti, specie perché alcuni di loro tengono le redini dei più grossi giri di affari dell'Impero. Sono stati costretti a spedire le merci via terra, ma i costi sono altissimi, e certe carovane non arrivano nemmeno a destinazione.»

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