Volodyk - Paolini1-Eragon.doc

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Aspetta, disse Eragon. Come ti chiami?

Il gatto mannaro aprì uno degli occhi a mandorla. Ho molti nomi. Se vuoi sapere il mio vero nome, dovrai cercare da qualche altra parte. L'occhio si chiuse. Eragon si arrese e si volse per andarsene. Comunque, puoi chiamarmi Solembum.

Grazie, disse Eragon serio. Le fusa di Solembum si fecero più sonore.

La porta del negozio si aprì, lasciando entrare un fascio di luce. Comparve Angela, con una sacca di tela piena di piante. I suoi occhi fissarono Solembum per qualche istante e la sua espressione parve sconcertata. «Dice che vi siete parlati.»

«Anche tu puoi parlargli?» chiese Eragon.

La donna fece un gesto d'impazienza. «Naturale: solo che questo non sempre vuol dire che mi risponda.» Posò le piante sul bancone, poi lo aggirò e fronteggiò Eragon. «Gli sei simpatico. Ed è un fatto insolito. Solembum di solito non si fa nemmeno vedere dai clienti. Sai, dice che da qui a qualche anno ti dimostrerai una promessa.»

«Grazie.»

«È un gran complimento, detto da lui. Sei soltanto la terza persona che è entrata qui con cui ha parlato. La prima fu una donna, tanti anni fa; il secondo un mendicante cieco; e adesso tu. Ma non tengo un negozio solo per chiacchierare. Desideri qualcosa? O sei venuto solo a dare un'occhiata?» «Solo per un'occhiata» disse Eragon, pensando ancora al gatto marinaro. «Non credo che mi servano le erbe.»

«Non è l'unica cosa di cui mi occupo» disse Angela con un sorriso. «Gli stupidi riccastri mi pagano per avere pozioni d'amore e cose del genere. Non ho mai detto che funzionano, ma per qualche ragione quelli tornano sempre. Però non.credo che tu voglia quelle porcherie. Vuoi che ti predica il futuro? Faccio anche questo, per le stupide riccastre.»

Eragon scoppiò a ridere. «No, temo che il mio futuro sia imprevedibile. E non ho soldi.» Angela scoccò una strana occhiata a Solembum. «Credo...» Indicò la sfera di cristallo sul banco. «Questa è solo uno specchietto per le allodole, in realtà non serve a niente. Ma ho... Aspetta qui, torno subito.» E scomparve nel retrobottega.

Tornò trafelata con un sacchetto di pelle che posò sul banco. «Non le uso da tanto di quel tempo che mi ero quasi dimenticata dove le avevo messe. Adesso siediti qui davanti e ti mostrerò perché mi prendo tanto disturbo.» Eragon spostò uno sgabello e si sedette. Gli occhi di Solembum rosseggiavano dal buio spazio fra i cassetti.

Angela aprì il sacchetto e ne rovesciò il contenuto su di un pezzo di stoffa che aveva spiegato sul banco. Erano piccole ossa, poco più grandi di un dito, con incisi simboli e rune. «Queste» disse lei, sfiorandole con delicatezza. «sono ossa dì zampa di drago. Non chiedermi dove le ho prese, perché tanto non te lo dico. Al contrario delle foglie di té, delle sfere di cristallo, o anche dei tarocchi, possiedono un vero potere. Non mentono mai, anche se capire ciò che dicono è complicato. Se lo desideri, le lancerò per leggerti il futuro. Sappi però che conoscere il proprio destino può essere una cosa terribile. Devi essere sicuro della tua decisione.»

Eragon guardò le ossa con un brivido di terrore. Questi sono i resti di ciò che un tempo era un simile di Saphira. Conoscere il proprio destino... Come faccio a prendere una decisione quando non so che cosa mi aspetta e se mi piacerà? L'ignoranza è una vera benedizione . «Perché me lo hai proposto?» chiese.

«Per via di Solembum. Può essere stato scortese, ma il fatto che ti abbia parlato ti rende speciale. Lui è un gatto marinaro, in fin dei conti. Proposi la stessa cosa anche agli altri due che parlarono con lui, ma soltanto la donna accettò. Si chiamava Selena. Ah, ma quanto se ne pentì. Il suo destino era triste e doloroso. Non credo che ci abbia creduto... non subito, almeno.»

Eragon si sentì travolgere da un'intensa emozione e gli vennero le lacrime agli occhi. «Selena» mormorò fra sé. Il nome di sua madre, Era lei? Il suo destino era così orribile da indurla ad abbandonarmi? «Ti ricordi qualcosa della predizione?» domandò con un vuoto allo stomaco. . Angela scosse il capo e sospirò. «È passato tanto di quel tempo che i dettagli si sono dissolti nella mia memoria, che non è più buona come una volta. D'altro canto, non ti direi mai quello che ricordo. La mia predizione era per lei e lei soltanto, Era triste, però; non scorderò mai la sua espressione.»

Eragon chiuse gli occhi per arginare il flusso di emozioni. «Perché ti lamenti della tua memoria?» domandò, per distrarsi. «Non sei tanto vecchia.»

Sulle guance di Angela comparvero due fossette. «Sono lusingata, ma non farti ingannare; sono molto più vecchia di quanto non sembri. L'aspetto giovanile lo devo alle erbe che mangio nei tempi di magra.»

Eragon sorrise e trasse un lungo respiro. Se era mia madre ed è riuscita a sopportare il fardello della conoscenza del proprio destino, farò altrettanto. «Lancia le ossa per me» disse, in tono solenne.

Il volto di Angela divenne serio, mentre raccoglieva le ossa in tutte e due le mani. Chiuse gli occhi e le sue labbra si mossero in un mormorio silente. Poi esclamò a gran voce: « Manin! Wyrda! Hugin! » e gettò le ossa sul panno. Caddero l'una sull'altra, scintillando nella debole luce.

Le parole risuonavano nelle orecchie di Eragon; aveva riconosciuto l'antica lingua e si rese conto con apprensione che per usarle a scopi magici. Angela doveva essere una maga. Non aveva mentito; era una vera indovina. I minuti passarono lentamente mentre la donna leggeva le ossa. Infine. Angela si ritrasse ed emise un lungo sospiro. Si asciugò la fronte e prese un otre di vino sotto il bancone. «Ne vuoi un po'?» gli chiese. Eragon fece di no con la testa. Lei si strinse nelle spalle e bevve un lungo sorso. «Questa» disse, pulendosi la bocca col dorso della mano «è la lettura più difficile che mi sia mai capitata. Avevi ragione. Il tuo futuro è impossibile da prevedere. Non ho mai conosciuto nessuno con un destino così intricato e oscuro. Tuttavia, forse qualcosa ti posso dire.»

Solembum balzò sul bancone e si accoccolò a guardare entrambi. Eragon strinse i pugni mentre Angela gli indica-va un osso. «Cominciamo da qui» disse. «perché è il più facile da comprendere.» Il simbolo sull'osso era una lunga linea orizzontale con un cerchio sopra. «Eternità o lunga vita» disse Angela in tono sommesso. «Questa è la prima volta che lo vedo comparire nel futuro di qualcuno. Di solito vengono fuori il pioppo o l'olmo, che indicano entrambi che la persona vivrà un normale ciclo di anni. Se questo significa che vivrai per sempre o soltanto che avrai una vita straordinariamente lunga, non so dirtelo. Comunque sia, sta' sicuro che ti aspettano ancora moltissimi anni.»

Non è una sorpresa... sono un Cavaliere, pensò Eragon.

Angela gli avrebbe detto soltanto cose che lui già sapeva?

«Adesso le ossa diventano più difficili da decifrare, perché si sono mescolate in modo strano.» Angela ne toccò tre. «Il tortuoso cammino, il fulmine guizzante e il veliero sono caduti insieme... in uno schema che non ho mai visto personalmente, solo sentito descrivere. Il tortuoso cammino rappresenta le molteplici scelte che dovrai affrontare in futuro, alcune già adesso. Vedo grandi battaglie infuriare intorno a te, alcune per la tua stessa salvezza. Vedo i gran-di poteri di questa terra lottare per controllare la tua volontà e il tuo destino. Innumerevoli possibili futuri ti attendono, ciascuno denso di sangue e di conflitti, ma uno solo ti porterà la felicità e la pace. Attento a non smarrire la strada, poiché tu sei uno dei pochi davvero liberi di scegliere il proprio destino. Questa libertà è un dono, ma anche una responsabilità più pesante di una catena.»

Poi il suo volto si fece triste. «Eppure, come a contrasta-re tutto questo, c'è il fulmine guizzante. E’un presagio terribile. Un oscuro evento incombe, ma di che tipo non lo so. Parte di esso risiede in una morte, una morte imminente che ti causerà un enorme dolore. Ma il resto riguarda un grande viaggio. Osserva bene quest'osso. Guarda come la sua estremità poggia su quello con il veliero. È impossibile sbagliarsi. Il tuo destino sarà quello di lasciare questa terra per sempre. Dove finirai non lo so, ma non vivrai più in Alagasëia, È inevitabile. Accadrà anche se cercherai di evitarlo.» Le sue parole lo spaventarono. Un'altra morte... chi dovrò perdere adesso? La sua mente corse subito a Roran. Poi pensò alla sua terra d'origine. C he cosa potrà indurmi a partire? E dove andrò? Se ci sono altre terre al di là dell'oceano oppure a est, soltanto gli elfi le conoscono. Angela si massaggiò le tempie e trasse un profondo respiro. «Quest'altro osso è più facile da interpretare, ed è anche più piacevole.» Eragon lo guardò e vide un bocciolo di rosa racchiuso in un falce di luna.

Angela sorrise e disse: «Nel tuo futuro c'è una grande storia d'amore, straordinaria, come suggerisce la luna, che è un simbolo magico, e forte abbastanza da travalicare gli imperi. Non so dirti se questa passione avrà un epilogo felice, ma il tuo amore sarà di nobile stirpe. È potente, saggia e bella oltre ogni dire.»

Di nobile stirpe, pensò Eragon sorpreso. Com'è possibile? Io non sono più nobile del più povero dei contadini.

«Per quanto riguarda le ultime due ossa, l'albero e la radice di biancospino, che sono messi a croce,mi rincresce dirlo… potrebbero significare soltanto altri problemi... ma il tradimento è evidente, E verrà da qualcuno dentro la tua famiglia.»

«Roran non lo farebbe mai!» esclamò Eragon risentito.

«Non lo so» disse Angela prudente. «Ma le ossa non mentono, ed è questo che dicono.» Il tarlo del dubbio prese a insinuarsi nella mente di Eragon, che tentò di ignorarlo. Che motivo avrebbe avuto Roran di tradirlo? Angela gli posò una mano sulla spalla per confortarlo e gli offrì di nuovo il vino. Questa volta Eragon accettò e bevve. Si sentì subito meglio.

«A conti fatti, chissà, la morte potrebbe non essere tanto male» scherzò nervosamente . Roran un traditore? Non può accadere! Non accadrà!

«Può darsi» disse Angela solenne, poi mitigò il tono con una risatina leggera. «Ma non dovresti angosciarti per ciò che deve ancora succedere. L'unico modo in cui il futuro può danneggiarci è dandoci dei pensieri. Ti garantisco che ti sentirai meglio quando uscirai di nuovo alla luce del sole.» «Speriamo.» Purtroppo , pensò Eragon con amarezza, niente di quello che ha dettò avrà un senso finché non sarà accaduto. Se accadrà, si corresse. «Hai usato parole di potere» commentò a voce alta.

Gli occhi di Angela scintillarono. «Che cosa darei per vedere come si svolgerà il resto della tua vita. Sai parlare ai gatti marinari, conosci l'antica lingua, e hai un futuro a dir poco affascinante. E poi sono pochi i giovanotti al verde e con gli abiti logori che possono sperare di essere amati da una nobildonna. Chi sei?»

Eragon si rese conto che il gatto marinaro non aveva detto ad Angela che lui era un Cavaliere. Stava per dire "Evan", ma poi cambiò idea e disse semplicemente: «Eragon.»

Angela inarcò le sopracciglia. «È quello che sei o il tuo nome?»

«Entrambi» rispose Eragon con un lieve sorriso, pensando al primo Cavaliere da cui veniva il suo nome.

«Sono sempre più curiosa di vedere come si svolgerà la tua vita. Chi è il vecchio con cui stavi ieri?» Eragon decise che un altro nome non poteva far danno. «Si chiama Brom.»

Angela scoppiò in una risata sonora, piegandosi in due. Si asciugò gli occhi e bevve un sorso di vino, poi contenne a stento un altro attacco di ilarità. Alla fine, ansimando per riprendere fiato, riuscì a dire:' «Oh... lui! Non ne avevo idea!»

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