Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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«Che cosa significa?» domandò Eragon.
«Scusa, non prendertela» disse Angela, cercando di ricomporsi. «È solo che... Be', è famoso fra quelli che esercitano la mia professione. Temo che il destino, o se preferisci il futuro, di quel povero diavolo sia una specie di burla fra noi.»
«Non insultarlo! È l'uomo migliore che si possa conoscere!» reagì Eragon.
«Calma, calma» borbottò Angela, divertita. «Lo so. Se ci incontreremo di nuovo, te ne parlerò. Ma nel frattempo dovresti...» S'interruppe quando Solembum s'insinuò fra di loro e prese a fissare Eragon.
Sì? Disse Eragon irritato.
Ascolta bene le due cose che ho da dirti. Quando giungerà il momento e ti servirà un'arma, guarda sotto le radici dell'albero di Menoa. Poi, quando tutto ti sembrerà perduto e il tuo potere non basterà, vai alla rocca di Kuthian e pronuncia il tuo nome per schiudere la Volta delle Anime. Prima che Eragon avesse il tempo di chiedere a Solembum che cosa volesse dire, il gatto marinaro si allontanò facendo ondeggiare con grazia la coda. Angela inclinò la testa da un lato; i boccoli bruni le ombreggiavano la fronte. «Non so che cosa ti ha detto, e non lo voglio sapere. Ha parlato a te e soltanto a te. Non raccontarlo a nessuno.»
«Credo di dover andare» disse Eragon scosso.
«Se vuoi» disse Angela, sorridendo di nuovo. «Per me puoi restare finché ti pare, soprattutto se compri un po' delle mie erbe. Ma vai, se lo desideri; sono sicura che ti abbiamo dato abbastanza notizie da rifletterci per un po'.»
«Già.» Eragon si affrettò alla porta. «Grazie per avermi letto il futuro.» Credo .
«Non c'è di che» rispose Angela, sempre sorridente.
Eragon uscì dal negozio e si fermò sulla strada, socchiudendo gli occhi per riabituarsi alla luce. Passarono parecchi minuti prima che riuscisse a ripensare con calma a quanto aveva appreso. Cominciò a camminare, a passi ignari ma sempre più veloci, finché non si ritrovò a correre fuori da Teirm, verso il nascondiglio di Saphira.
La chiamò dalla base della rupe. Dopo un minuto la dragonessa planò su di lui, lo afferrò al volo e risalì in cima alla rupe. Una volta tornato a terra, Eragon le raccontò quello che era successo nella bottega dell'erborista. E così, concluse, immagino che Brom abbia ragione: sembra che mi trovi sempre dove ci sono guai.
Dovresti tenere a mente quello che ti ha detto il gatto mannaro. È importante.
Che cosa ne sai? domandò lui, curioso.
Non ne sono sicura, ma i nomi che ha usato suonano potenti.
Kuthian, disse lei, assaporando la parola. No, non dovremmo dimenticare quello che ha detto. Credi che dovremmo dirlo a Brom?
È una tua scelta, ma pensa una cosa: lui non ha il diritto di conoscere il tuo futur.. Raccontargli di Solembum e delle sue parole solleverebbe domande a cui potresti non voler rispondere. E se decidi di chiedergli soltanto che cosa significano quelle parole. Brom potrebbe voler sapere dove le hai sentite. Credi di potergli mentire in modo convincente?
No, ammise Eragon. Forse non gli dirò niente. Eppure ho l'impressione che siano cose troppo importanti per tenerle nascoste. Continuarono a parlare di tutto quanto nel dettaglio, con minuzia, tra domande e risposte, e alla fine rimasero in silenzio a guardare gli alberi fino al tramonto. Eragon tornò di corsa a Teirm e bussò subito alla porta di Jeod. «Neal è tornato?» chiese al maggiordomo. «Sì, signore. Credo che si trovi nello studio, adesso.»
«Grazie» disse Eragon. Si avviò verso la stanza e fece capolino dalla porta. Brom era seduto davanti al fuoco, intento a fumare la pipa. «Com'è andata?» chiese Eragon.
«Un fiasco totale» ringhiò Brom, la pipa stretta fra i denti.
«Hai parlato con Brand?»
«Non è servito a niente. L'amministratore dei commerci è il peggior burocrate che abbia mai incontrato. Si attiene scrupolosamente a ogni minima regola, godendo nel crearne di nuove se solo possono provocare problemi ad altri, e allo stesso tempo è convinto di far bene.»
«Vuoi dire che non ci lascerà guardare i registri?» disse Eragon..
«Già!» sbottò Brom, esasperato. «Non c'è stato niente da fare. Pensa che ha rifiutato perfino un sostanzioso omaggio in denaro. Credevo che non avrei mai conosciuto un nobile incorruttibile. Adesso che l'ho incontrato, ho scoperto che preferisco quando sono degli avidi bastardi.» Sbuffò con violenza il fumo della pipa e si lanciò in una sfilza d'imprecazioni.
Quando parve aver ripreso la calma, Eragon osò chiedere: «E adesso?»
«Adesso passerò tutta la prossima settimana a insegnarti a leggere.»
«D'accordo, ma dopo?»
Un ghigno affiorò sulle labbra di Brom. «Dopo, faremo a Brand una gran brutta sorpresa.» Eragon insistette per conoscere i dettagli, ma Brom si rifiutò di aggiungere altro.
La cena ebbe luogo in una sontuosa sala da pranzo. Jeod sedette a capotavola, sua moglie Helen all'estremità opposta. Brom ed Eragon presero posto fra loro, una posizione che Eragon ritenne pericolosa, a giudicare dall'espressione arcigna della padrona di casa. Ai suoi lati c'erano delle sedie vuote, ma questo almeno lo proteggeva dagli sguardi furenti della donna.
La cena fu servita in silenzio, e Jeod ed Helen cominciarono a mangiare senza dire una parola, Eragon li imitò, pensando: Ho partecipato a pranzi più allegri dopo un funerale. Ricordò le volte che gli era successo a Carvahall: lì almeno la tristezza era giustificata. Qui invece la situazione era diversa, ma per tutta la cena si sentì bersaglio della collera repressa di Helen.
LETTURE E COMPLOTTI
B
rom scrisse una runa sulla pergamena con un carboncino, poi la mostrò a Eragon. «Questa è la lettera A» disse. «Imparala.»
Così Eragon iniziò la sua carriera di letterato. Era difficile, strana e impegnativa, ma gli
piaceva. Non avendo niente di meglio da fare e con un valido seppur qualche volta impaziente maestro, i suoi progressi furono enormi.
Tutti i giorni Eragon si alzava presto, faceva colazione in cucina e poi andava nello studio per le lezioni, dove imparava il suono delle lettere e le regole della scrittura. Arrivò al punto che quando chiudeva gli occhi, lettere e parole gli davanzano dietro le palpebre. In quel periodo non pensò ad altro.
Prima di cena, lui e Brom andavano dietro la casa di Jeod per l'addestramento. I domestici, insieme a una piccola folla di bambini curiosi, li andavano a vedere. Poi, se restava tempo, Eragon si chiudeva in camera sua con le tende ben tirate a esercitarsi nella magia.
Il suo unico cruccio era Saphira. Andava a trovarla ogni sera, ma per entrambi il tempo che passavano insieme non bastava. Durante la giornata, Saphira si allontanava di parecchie leghe in cerca di cibo; non poteva cacciare vicino a Teirm per non destare sospetti. Eragon faceva il possibile per lei, ma sapeva che l’unica soluzione per la sua solitudine e la fame era partire al più presto da Teirm.
Ogni giorno in città arrivavano notizie sempre più nere.
I mercanti di passaggio parlavano di terribili attacchi lungo la costa. Si diceva che parecchi personaggi influenti fossero scomparsi da casa durante la notte, per essere ritrovati massacrati la mattina dopo. Eragon udì spesso Brom e Jeod parlarne sottovoce, ma si interrompevano sempre quando compariva lui.
Passò in fretta una settimana. Le capacità di Eragon erano rudimentali, ma sapeva leggere intere pagine senza chiedere l'aiuto di Brom. Leggeva adagio, certo che col tempo sarebbe andato più veloce. Brom lo incoraggiava. «Non importa, andrà benissimo per quello che ho in mente.» Era pomeriggio quando Brom convocò Jeod ed Eragon nello studio. Brom fece un cenno al ragazzo. «Ora che sei in grado di aiutarci, è tempo di agire.»
«Qual è il tuo piano?» domandò Eragon.
Sul volto di Brom si dipinse un sorriso feroce. Jeod gemette. «Conosco quello sguardo: significa guai.»
«Andiamo, non esagerare» disse Brom. «D'accordo, ecco cosa faremo...»
Partiremo stanotte, o al più tardi domattina , disse Eragon a Saphira dalla sua stanza. Non me l'aspettavo. Sei sicuro che non ti succederà niente?
Eragon si strinse nelle spalle. Non lo so. Magari finiremo per fuggire da Teirm con i soldati alle calcagna. Avvertì la preoccupazione della dragonessa e cercò di rassicurarla. Andrà tutto, bene. Brom e io sappiamo usare la magia, e siamo dei bravi combattenti.
Si distese sul letto a fissare il soffitto. Gli tremavano le mani e aveva un nodo in gola. Mentre il sonno lo coglieva, si sentì pervadere da una profonda confusione. Non voglio lasciare Teirm , si scoprì a pensare. Il periodo che ho trascorso qui è stato... quasi normale. Che cosa non darei per mettere di nuovo radici, restare qui e vivere come tutti gli altri. Poi un altro pensiero lo colse. Ma non posso, se voglio, restare con Saphira. Non posso.
La sua coscienza fu invasa dai sogni, che la guidarono a proprio capriccio A volte Eragon gridò di paura; altre rise di gusto. Poi qualcosa cambiò, come se avesse aperto gli occhi, e fece il sogno più vivido che gli fosse mai capitato.
Vide una giovane donna, sofferente, incatenata in una cella fredda e buia. Un raggio di luna filtrò fra le sbarre di un'alta finestrella e le illuminò il viso. Una lacrima, una sola, le cadde lungo la guancia come un diamante liquido.
Eragon si svegliò di soprassalto e si scoprì scosso da violenti singhiozzi. Poi ricadde in un sonno tormentato.
LADRI AL CASTELLO
E
ragon si svegliò in un bagno di luce dorata. I raggi rossi e arancio del sole morente entravano nella stanza, inondando il letto di un dolce tepore. Non aveva alcuna voglia di muoversi e rimase in un quieto dormiveglia finché la luce non si ritrasse, e lui sentì freddo.
Il sole si tuffò oltre l'orizzonte, dipingendo il mare e il cielo di colori stupefacenti. È quasi l'ora! Si alzò e indossò il farsetto sulla camicia, annodando bene i lacci. Poi si mise l'arco e la faretra a tracolla, ma lasciò Zar'roc nella camera: la spada lo avrebbe impacciato, e ancora non si sentiva pronto a usarla. Se doveva bloccare qualcuno, preferiva farlo con la magia o una freccia. Attese impaziente nella sua camera finché la luce non svanì. Scrollò le spalle per far aderire meglio la faretra alla schiena e uscì nel corridoio, dove lo raggiunse Brom, armato di spada e bastone. Jeod, giubba nera e calzoni al ginocchio, li aspettava fuori. Alla cintura portava un elegante stocco e una bisaccia di pelle. Brom adocchiò lo stocco e osservò: «Quel pungolo è troppo sottile per un vero duello. Che cosa farai se qualcuno ti insegue con uno spadone o una flamberga?» «Sii realistico» disse Jeod. «Nessuna delle guardie ha una flamberga. Per giunta, questo pungolo è molto più veloce di uno spadone.»
Brom alzò le spalle. «Il collo è tuo...»
S'incamminarono con fare disinvolto, cercando di evitare soldati e sentinelle. Eragon era teso e il cuore gli batteva all'impazzata. Quando passarono davanti al negozio di Angela, con la coda dell'occhio colse un rapido movimento sul tetto. Si volse, ma non vide.nessuno. La mano gli formicolava. Alzò di nuovo lo sguardo, ma il tetto era deserto.
Brom li condusse lungo la muraglia esterna di Teirm. Il tempo di raggiungere il castello, e il cielo si era fatto nero. A Eragon le mura invalicabili della fortezza diedero i brividi. Sarebbe stato orribile venire rinchiusi lì dentro. Jeod si pose alla testa del gruppo e si avvicinò al cancello, sforzandosi di avere un'aria tranquilla. Bussò forte e aspettò.
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