Volodyk - Paolini2-Eldest
- Название:Paolini2-Eldest
- Автор:
- Жанр:
- Издательство:неизвестно
- Год:неизвестен
- ISBN:нет данных
- Рейтинг:
- Избранное:Добавить в избранное
-
Отзывы:
-
Ваша оценка:
Volodyk - Paolini2-Eldest краткое содержание
Paolini2-Eldest - читать онлайн бесплатно полную версию (весь текст целиком)
Интервал:
Закладка:
» Saphira ringhiò la sua approvazione.
Pronunciate le dichiarazioni, i membri del Consiglio si disposero sui lati del podio, Jòrmundur davanti a tutti. Con fiero contegno, Nasuada si avvicinò e s'inginocchiò umilmente davanti a lui, l'abito disposto in pieghe corvine. Alzando la voce, Jòrmundur disse: «Per diritto di eredita
e successione, abbiamo scelto Nasuada. Per i ineriti di suo padre e la benedizione dei suoi pari, abbiamo scelto Nasuada. Ora vi chiedo: abbiamo scelto bene?»
Il ruggito di acclamazione fu unanime. «Sì!»
Jòrmundur annuì. «E dunque, per i poteri conferiti a questo consiglio, passiamo i privilegi e le responsabilità accordati ad Ajihad alla sua unica discendente, Nasuada.» E depose un cerchietto Prendendola per mano, la fece alzare e annunciò: «Ecco la nostra nuova guida!» Per dieci minuti i Varden e i nani esultarono, gridando la loro approvazione finché l'arena non riverberò tutta del loro clamore. Una volta placati gli animi, Sabra fece cenno a Eragon, mormorando: «È tempo di mantenere la tua promessa.» In quel momento, per Eragon cessò ogni rumore. Anche il suo nervosismo scomparve, inghiottito dall'importanza del momento. Facendosi forza, con un profondo respiro, lui e Saphira si avvicinarono a Jòrmundur e Nasuada, ogni passo lungo un'eternità. Mentre camminavano, Eragon guardò Sabra, Elessari, Umérth e Falberd, notando i loro mezzi sorrisi, il loro compiacimento e, da parte di Sabra, un evidente disdegno. Alle spalle dei membri del consiglio c'era Arya, che annuì in suo sostegno.
Stiamo per cambiare la storia, disse Saphira.
Ci stiamo gettando da una rupe senza sapere quanto è profonda l'acqua di sotto.
Già, ma che volo magnifico!
Con un'occhiata fugace al volto sereno di Nasuada, Eragon s'inchinò e s'inginocchiò. Estrasse Zar'roc dal fodero, la prese di piatto con entrambe le mani e la levò, come per offrirla a Jòrmundur. Per un istante, la lama rimase fra Jòrmundur e Nasuada, in bilico fra due differenti destini. Eragon trattenne il fiato: quale semplice scelta su cui basare una vita. Più di una vita: un drago, un re, un Impero!
Poi il fiato tornò a riempirgli i polmoni, il tempo riprese a scorrere, e lui si volse verso Nasuada. «In nome del più profondo rispetto e apprezzamento per le difficoltà che incontrerai, io, Eragon, primo Cavaliere dei Varden, Ammazzaspettri e Argetlam, ti faccio dono della mia spada e della mia fedeltà, Nasuada.»
d'argento sulla fronte di Nasuada. I Varden e i nani ammutolirono, esterrefatti. Nel medesimo istante, il Consiglio degli Anziani passò dal trionfo alla rabbia impotente. I loro sguardi ardevano con la forza e il veleno di chi si sente tradito. Persino Elessari lasciò che la collera le cancellasse il suo cortese contegno. Soltanto Jòrmundur - dopo un breve sussulto di sorpresa - sembrò accettare l'annuncio con equanimità.
Nasuada sorrise e prese Zar'roc, posando la punta della spada sulla fronte di Eragon, come aveva già fatto. «Sono onorata che tu abbia scelto di servirmi, Cavaliere Eragon. Accetto, come tu accetti, tutte le responsabilità derivanti da questa posizione. Levati come mio vassallo e riprendi la tua spada.»
Eragon obbedì, poi indietreggiò insieme a Saphira. La folla balzò in piedi fra grida di esultanza; i nani pestavano gli stivali chiodati al ritmo dei guerrieri umani che battevano le spade sugli scudi.
Voltandosi sul podio, Nasuada afferrò la balaustra con le mani e guardò la folla dell'anfiteatro. Il suo volto irradiava gioia pura. «Popolo dei Varden!»
Silenzio.
«Come mio padre prima di me, darò la mia vita per voi e per la nostra causa. Non smetterò mai di combattere finché gli Urgali non saranno annientati, Galbatorix morto, e Alagaèsia ancora una volta libera!»
Un boato di applausi e grida.
«Perciò vi dico che è tempo di prepararci. Qui nel Farthen Dùr, dopo infinite schermaglie, abbiamo ottenuto la nostra più grande vittoria. È il nostro turno di reagire. Galbatorix è debole per aver perso così tante forze, e non ci sarà mai più un'occasione simile.
«Perciò, vi ripeto, è tempo di prepararci, affinchè la vittoria finale ci arrida!»
Dopo altri discorsi di svariati personaggi - fra cui un Falberd ancora schiumante di collera - l'anfiteatro cominciò a svuotarsi. Mentre Eragon si alzava per andarsene, Orik lo afferrò per un braccio e lo fermò. Il nano aveva gli occhi sgranati. «Eragon, avevi già deciso tutto?»
Eragon riflettè brevemente sull'opportunità di dirglielo, poi annuì. «Sì.»
Orik si lasciò sfuggire un lungo sospiro, scuotendo la testa. «È stata una mossa molto scaltra, direi. Hai dato a Nasuada una posizione molto forte per cominciare. Ma anche pericolosa, a giudicare dalle reazioni del Consiglio degli Anziani. Arya sapeva?»
«Ha convenuto che era necessario.»
Il nano lo studiò meditabondo. «Ne sono convinto. Ma hai appena alterato l'equilibrio dei poteri, Eragon. Nessuno oserà più sottovalutarti... Attento alla roccia che frana. Ti sei fatto dei nemici potenti, quest'oggi.» Batte il palmo sulla schiena del giovane e si allontanò.
Saphira lo osservò andar via, poi disse: Dobbiamo prepararci a lasciare il Farthen Dùr. Il Consiglio sarà assetato di vendetta. Prima ci troveremo lontani dalla loro portata, meglio sarà.
La maga, il serpente e la pergamena
Quella sera, quando tornò ai suoi alloggi dopo essersi lavato, Eragon rimase sorpreso nel trovare una donna alta che lo aspettava nel corridòio. Aveva i capelli scuri, gli occhi azzurri e le labbra atteggiate a un sorriso sardonico. Al polso portava un bracciale d'oro a forma di serpente sibilante. Eragon sperò che non fosse venuta a chiedergli consiglio, come facevano molti Varden.
«Argetlam» disse lei, con una graziosa riverenza.
Lui ricambiò con un cenno del capo. «Posso aiutarti?»
«Lo spero. Sono Trianna, maga del Du Vrangr Gata.»
«Davvero? Una maga?» disse lui, incuriosito.
«E strega di guerra, e spia, e qualunque altra cosa i Varden ritengano necessario. Non ci sono molti esperti di arti magiche, perciò ciascuno di noi assume una mezza dozzina di compiti.» La donna sorrise, mostrando una chiostra perfetta di denti bianchissimi. «Ecco perché sono venuta. Saremmo onorati se volessi assumere la guida del nostro gruppo, il Du Vrangr Gata. Tu sei l'unico che può sostituire i Gemelli.»
Senza quasi rendersene conto, Eragon ricambiò il sorriso. La donna era così amichevole e seducente che odiava dover dire di no. «Temo di non potere; Saphira e io lasceremo presto Tronjheim. Inoltre, sarebbe comunque mio dovere consultarmi prima con Nasuada.» E non voglio restare invischiato in altri intrighi politici... specie in quelli che un tempo ordivano i Gemelli.
Trianna si morse il labbro. «Mi dispiace sentirtelo dire.»
Si avvicinò di un passo. «Magari potremmo trascorrere del tempo insieme, prima della tua partenza. Potrei mostrarti come evocare e controllare gli spiriti... Sarebbe istruttivo per entrambi.»
Eragon si sentì avvampare le guance. «Apprezzo l'offerta, ma sono davvero molto occupato al momento.» Una scintilla d'ira balenò negli occhi di Trianna, poi svanì altrettanto rapida, tanto che Eragon si chiese se l'avesse effettivamente vista. La donna sospirò con grazia. «Capisco.»
Suonava così delusa - e aveva un'aria così afflitta - che Eragon si sentì in colpa per averla respinta. Che male può fare se le parlo per qualche minuto? si disse. «Sono curioso. Come hai appreso la magia?»
Trianna s'illuminò. «Mia madre era una guaritrice del Surda. Aveva qualche potere e m'istruì nelle antiche arti. Ovviamente non sono potente quanto un Cavaliere. Nessun membro del Du Vrangr Gata avrebbe potuto sconfiggere Durza da solo, come hai fatto tu. È stata un'impresa eroica.»
Imbarazzato, Eragon strisciò gli stivali sul pavimento. «Non sarei sopravvissuto se non fosse stato per Arya.» «Sei troppo modesto, Argetlam» lo adulò lei. «Sei stato tu a infliggere il colpo di grazia. Dovresti essere fiero di ciò che hai fatto. È stato un gesto degno dello stesso Vrael.» La maga si protese verso di lui. Il cuore di Eragon accelerò nel sentire il suo profumo, intenso e muschiato, con una nota di spezie esotiche. «Hai sentito le canzoni composte per te? I Varden le cantano ogni notte intorno ai fuochi. Dicono che sei venuto a strappare il trono a Galbatorix!» «No» ribattè aspro Eragon. Quella era una diceria che non poteva tollerare. «Loro possono dirlo, ma non è ciò che voglio. Qualunque sia il mio destino, non aspiro a governare.»
«Ed è saggio da parte tua. In fin dei conti, che cos'è un re se non un uomo imprigionato dai propri dovéri? Sarebbe invero una ben misera ricompensa per l'ultimo Cavaliere libero e il suo drago. No, a te spetta la facoltà di andare e compiere ciò che desideri e, per esteso, di forgiare il futuro di Alagaésia.» La donna fece una pausa. «Hai una famiglia nei territori dell'Impero?»
Cosa? «Soltanto un cugino.»
«Dunque non sei fidanzato?»
La domanda lo colse di sorpresa. Non gli avevano mai chiesto nulla di simile. «No, non sono fidanzato.» «Ma di certo dev'esserci qualcuno a cui tieni particolarmente.» La maga fece un altro passo avanti, e la sua manica dai lunghi nastri fluttuanti gli sfiorò il braccio.
«Non c'era nessuno a cui mi sentissi legato a Carvahall» balbettò lui, «e da allora ho sempre viaggiato.» Trianna indietreggiò appena, poi levò il polso in modo da portare il bracciale a forma di serpente all'altezza degli occhi. «Ti piace?» domandò. Eragon battè le palpebre e annuì, anche se il monile era piuttosto inquietante. «Lo chiamo Lorga. È mio amico e mi protegge.» La seduttrice avvicinò il volto al bracciale e vi soffiò sopra, mormorando: «Sé orùm thornessa hàvr sharjalvi lìfs.»
Con un fruscìo secco, il serpente prese vita. Eragon lo contemplò affascinato, mentre la creatura avvolgeva le sue spire intorno al pallido braccio di Trianna, poi levò la testa e fissò gli ipnotici occhi di rubino su di lui, con la lingua biforcuta che guizzava dentro e fuori. I suoi occhi parvero espandersi fino a diventare grandi quanto il pugno di Eragon. Il giovane provò la sensazione di precipitare nei loro sconfinati abissi; non riusciva a distogliere lo sguardo, per quanto si sforzasse.
Poi, a un brusco comando, il serpente s'irrigidì e riprese la sua forma originale. Con un sospiro esausto, Trianna si appoggiò alla parete. «Non sono in molti a capire quello che facciamo noi stregoni. Ma desidero che tu sappia che ci sono altri come te, e che faremo il possibile per aiutarti.»
D'impulso, Eragon le prese una mano. Non aveva mai tentato un simile approccio con una donna prima, ma l'istinto gli suggeriva di osare, di cogliere l'occasione. Era spaventoso e inebriante. «Se ti va, possiamo andare a mangiare qualcosa insieme. C'è una cucina non molto distante da qui.»
Lei posò l'altra mano su quelle di lui, le dita lisce e fresche, così diverse dalle ruvide strette a cui era abituato. «Volentieri. Potremmo...» Trianna trasalì quando la porta alle sue spalle si spalancò di colpo. La maga si volse e lanciò un grido nel trovarsi faccia a faccia con Saphira.
La dragonessa rimase immobile; si limitò ad arricciare un labbro che rivelò una minacciosa fila di zanne affilate. Poi ringhiò. Fu un ringhio prodigioso, carico di disprezzo e riprovazione, che echeggiò nel corridòio per oltre un minuto. Ascoltarlo fu come sopportare un'interminabile e umiliante predica.
Eragon la fissò truce.
Quando cessò, Trianna si stringeva la veste con entrambi i pugni, torcendo il tessuto. Il suo volto era sbiancato dalla paura. Rivolse una frettolosa riverenza a Saphira, poi, con malcelata ansia, si volse e si dileguò. Come se niente fosse, Saphira sollevò una zampa e si leccò gli artigli. Non riuscivo ad aprire la porta, disse.
Читать дальшеИнтервал:
Закладка: