Volodyk - Paolini2-Eldest

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Tuttavia, la pace che regnava intorno a lui a poco a poco placò il suo risentimento, la sua confusione e la testarda rabbia. Non lo rendeva felice, ma gli donava una sorta di accettazione fatalista. Questo è quanto mi è toccato nella vita, e farò meglio ad abituarmici perché non andrà migliorando nel prevedibile futuro.

Dopo un quarto d'ora, le sue facoltà riacquistarono la loro consueta acutezza, così ricominciò a studiare la colonia di formiche rosse che aveva scoperto il giorno prima. Cercò anche di percepire tutto il resto che viveva nella conca, come Oromis gli aveva detto.

Eragon riscontrò un limitato successo. Se si rilassava per assorbire informazioni da tutte le coscienze attorno a sé, migliaia di immagini e sensazioni gli scorrevano nella testa, accumulandosi in fulminei sprazzi di suoni e colori, contatti e odori, piaceri e dolori. La quantità di informazioni era impressionante. Per abitudine, la sua mente balzava da un soggetto all'altro del flusso, escludendo tutto il resto prima che lui si rendesse conto di averlo fatto, e allora si concentrava per tornare in uno stato di passiva ricettività. Il ciclo si ripeteva ogni qualche secondo. Eppure fu in grado di approfondire la sua comprensione del mondo delle formiche. Scoprì il primo indizio sulla loro specie quando dedusse che l'enorme formica al centro della loro tana stava deponendo le uova, uno ogni minuto, il che significava che era una femmina. E quando accompagnò un gruppo di formiche rosse su per lo stelo di una rosa, ebbe una vivida dimostrazione del tipo di nemici che dovevano affrontare: qualcosa sbucò da sotto una foglia e uccise una delle formiche che stava seguendo. Non riuscì a determinare che tipo di creatura fosse, poiché le formiche ne vedevano soltanto frammenti, e si affidavano più all'olfatto che non alla vista. Se fossero state persone, avrebbe detto che erano aggredite da un mostro terrificante delle dimensioni di un drago, con mascelle potenti quanto le saracinesche acuminate di Teirm, in grado di muoversi alla velocità del lampo.

Le formiche circondarono il mostro come garzoni di stalla che cercano di catturare un cavallo imbizzarrito. Gli saltavano addosso senza paura, mordendogli le zampe articolate e facendosi indietro un istante prima di essere colpite dalle ganasce di ferro del mostro. Sempre più formiche si aggiungevano alla battaglia. Lavoravano insieme per sconfiggere l'intruso, senza mai esitare, anche quando due furono catturate e uccise, e quando parecchie sorelle caddero dallo stelo sul terreno.

Era una battaglia disperata; nessuna delle due parti aveva intenzione di cedere. Soltanto la fuga o la vittoria avrebbe impedito ai combattenti di salvarsi da una morte orribile. Eragon seguiva la scena col fiato sospeso, ammirato dal coraggio delle formiche che continuavano a combattere nonostante le ferite che avrebbero fermato un umano. Era così assorbito dalla battaglia che quando alla fine le formiche prevalsero, si lasciò sfuggire un grido di sollievo così forte da spaventare gli uccelli sui rami.

Incuriosito, tornò nel suo corpo e si avvicinò al cespuglio di rose per osservare il mostro con i suoi occhi. Quello che vide fu un normalissimo ragno marrone, con le zampe rannicchiate, trasportato dalle formiche nella loro tana come cibo. Stupefacente.

Fece per andarsene quando si rese conto di aver trascurato ancora una volta di osservare la miriade di altri insetti e ammali della conca. Chiuse gli occhi e vagò nella mente di decine e decine di altre creature, facendo del suo meglio per trattenere quanti più dettagli possibile. Era un magro surrogato della prolungata osservazione, ma aveva fame e aveva già esaurito l'ora a disposizione.

Quando tornò da Oromis nel capanno, l'elfo gli chiese: «Com'è andata?»

«Maestro, potrei ascoltare giorno e notte per i prossimi vent'anni e tuttavia non conoscere ancora tutto quello che accade nella foresta.»

Oromis inarcò un sopracciglio. «Hai fatto progressi.» Dopo che Eragon gli ebbe descritto cosa aveva visto, Oromis disse: «Non è abbastanza, temo. Devi impegnarti di più, Eragon. So che puoi farcela. Sei intelligente e tenace, e hai il potenziale per essere un grande Cavaliere. Per quanto sia difficile, devi imparare a mettere da parte i tuoi crucci e concentrarti soltanto sul compito assegnato. Trova la pace dentro di te e lascia che le tue azioni scaturiscano da lì.» «Faccio del mio meglio.»

«No, questo non è il tuo meglio. Riconosceremo il tuo meglio quando verrà.» Fece una pausa meditabonda. «Forse ti sarebbe utile avere un compagno di studi con cui competere. Forse allora vedremmo il tuo meglio... Ci penserò.» Dalla credenza, Oromis prese una pagnotta di pane fresco, un barattolo di legno colmo di burro di nocciole - che gli elfi usavano al posto del vero burro - e un paio di scodelle che riempì di minestrone di verdure che sobbolliva in una pentola appesa su un letto di carbone nel caminetto ad angolo.

Eragon guardò il minestrone con disgusto: era stufo del cibo elfico. Aveva voglia di carne, pesce, pollame, qualcosa di solido in cui affondare i denti. «Maestro» chiese per distrarsi, «perché devo meditare? Solo per comprendere la vita degli animali o degli insetti, o c'è dell'altro?»

«Non ti viene in mente nessun altro motivo?» Oromis sospirò quando Eragon scosse il capo. «Sempre così, i miei nuovi allievi, specie quelli umani. La mente è l'ultimo muscolo che allenano o usano, e quello che tengono in rninor considerazione. Fa' loro una domanda sull'arte della scherma, e ti sapranno elencare ogni singola mossa di un duello vecchio di un mese, ma chiedi di risolvere un problema o di fare un'affermazione coerente e... be', sei fortunato se ottieni più di uno sguardo smarrito in risposta. Sei ancora nuovo al mondo della negromanzia, la magia propriamente detta, ma devi cominciare a considerarne tutte le implicazioni.»

«Ossia?»

«Immagina per un momento di essere Galbatorix, con tutte le sue vaste risorse a tua disposizione. I Varden hanno distrutto il tuo esercito di Urgali con l'aiuto di un Cavaliere dei Draghi rivàle, che tu sai di essere stato istruito, almeno in parte, da uno dei tuoi più pericolosi e implacabili nemici, Brom. Sai anche che i tuoi avversari si stanno ammassando nel Surda per una possibile invasione. Con queste premesse, qual è la maniera più semplice di affrontare tutte queste minacce, a meno di non volare tu stesso in battaglia?»

Eragon rimestò il minestrone per raffreddarlo, mentre rifletteva sulla domanda. «Secondo me» disse lentamente «la cosa più semplice da fare sarebbe addestrare un gruppo di stregoni... non è necessario che siano nemmeno tanto potenti... e costringerli a giurarmi fedeltà nell'antica lingua, per poi infiltrarli nel Surda allo scopo di sabotare gli sforzi dei Varden, avvelenare i pozzi, e assassinare Nasuada, re Orrin e gli altri membri importanti della resistenza.» «E perché Galbatorix non l'ha ancora fatto?»

«Perché finora il Surda non gli ha dato grossi problemi, e perché i Varden sono rimasti nascosti nel Farthen Dùr per decenni, dove erano in grado di esaminare la mente di ogni nuovo arrivato in cerca di mistificatori, cosa che non possono fare nel Surda, poiché i suoi confini e la sua popolazione sono troppo vasti.»

«Sei arrivato alle mie stesse conclusioni» disse Oromis. «A meno che Galbatorix non lasci il suo covo a Urù'baen, il maggiore pericolo che ti troverai ad affrontare durante la campagna dei Varden verrà da altri stregoni. Sai bene quanto me come sia difficile guardarsi dalla magia, specie se il tuo avversario ha giurato nell'antica lingua di ucciderti, a qualunque costo. Invece di tentare di conquistare la tua mente, un nemico del genere si limiterà a evocare un incantesimo per distruggerti, anche se un momento prima di morire sarai ancora in grado di contrattaccare. Tuttavia non puoi abbattere un nemico simile se non sai chi o dove è.»

«Perciò a volte non serve assumere il controllo della mente del tuo avversario?»

«A volte, ma è un rischio da evitare.» Oromis fece una pausa per sorbire qualche cucchiaio di minestrone. «Ora per arrivare al cuore del problema, come puoi difenderti da nemici anonimi che possono tralasciare qualunque precauzione fisica e uccidere con una parola?»

«Non lo so, a meno che...» Eragon esitò, poi sorrise. «A meno che io non sia consapevole di tutte le coscienze che mi circondano. Allora potrei percepire le loro intenzioni.»

Oromis parve compiaciuto della risposta. «Esatto, Eragon-finiarel. E questa è la risposta alla tua domanda. La meditazione condiziona la tua mente al fine di trovare ed esplorare brecce nell'armatura mentale del nemico, non importa quanto siano piccole.»

«Ma un altro stregone non capirà se lo tocco con la mente?»

«Sì, lo capirà, ma la maggior parte della gente no. Quanto agli stregoni, sì, loro lo sapranno, avranno paura e schermeranno le loro menti per proteggersi, e tu li riconoscerai proprio per questo.»

«Ma non è pericoloso abbassare le difese della coscienza? Se vieni attaccato mentalmente, è facile restare preda del nemico.»

«È meno pericoloso che restare insensibile al mondo.»

Eragon annuì. Tamburellò con il cucchiaio contro il bordo della scodella, immerso nei propri pensieri, poi disse: «Non mi sembra giusto.»

«Oh? Spiegati meglio.»

«E l'intimità delle persone? Brom mi ha insegnato a non intrufolarmi mai nella mente di qualcuno, a meno che non sia assolutamente necessario... Mi sentirei a disagio, se spiassi nei segreti della gente... segreti che gli altri hanno tutto il diritto di tenere per sé.» Inclinò la testa da un lato. «Perché Brom non me ne ha parlato se era così importante? Perché non mi ha addestrato lui?»

«Brom ti ha detto» replicò Oromis «quello che era giusto dirti in quelle circostanze. Sondare le profondità della mente può essere una droga allettante per una personalità distorta o per coloro che aspirano al potere. Non veniva insegnato ai futuri Cavalieri - anche se li facevamo meditare come te durante l'addestramento - finché non eravamo convinti che fossero maturi abbastanza da resistere alla tentazione.

«Sì, è un'invasione dell'intimità, e apprenderai molte cose che non avresti mai voluto sapere. Ma è per il tuo bene, e per il bene dei Varden. Per esperienza personale, come anche secondo quella di altri Cavalieri, posso dirti che ti aiuterà soprattutto a comprendere che cosa muove le persone. E la comprensione genera compassione, anche per l'ultimo dei mendicanti dell'ultimo villaggio sperduto di Alagaésia.»

Restarono in silenzio a mangiare per qualche minuto, poi Oromis chiese: «Sai dirmi qual è lo strumento mentale più importante che una persona possa avere?»

Era una domanda seria, ed Eragon riflettè a lungo prima di osare rispondere. «La determinazione.» Oromis spezzò il pane in due con le lunghe dita pallide. «Posso capire perché sei arrivato a questa conclusione... la determinazione ti è servita spesso nelle tue avventure... ma no. Quello che intendo io è lo strumento più necessario a scegliere la strategia migliore in ogni circostanza. La determinazione è comune fra le persone di scarso intelletto quanto fra le menti brillanti. Perciò no, la determinazione non è quello che stiamo cercando.»

Questa volta Eragon considerò la domanda come se fosse un indovinello, contando il numero di parole, sussurrandole a bassa voce per scoprire quali facevano rima ed esplorando i significati nascosti. Il problema era che non era mai stato un grande solutore di enigmi, e non si era mai piazzato tra i primi posti nella gara annuale di indovinelli di Carvahall. Pensava in maniera troppo letterale per scoprire le risposte a indovinelli che non aveva mai sentito, un retaggio dell'educazione pragmatica di Garrow.

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