Volodyk - Paolini2-Eldest

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Volodyk - Paolini2-Eldest краткое содержание

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«Jeod, Jeod» mormorò lei, «non mettermi fretta. Non posso decidere così all'istante.»

«Ci penserai, allora?»

Helen rabbrividì. «Sì, ci penserò.»

Roran sentì una fitta di dolore al cuore.

Katrina.

Quella sera a cena, Roran notò che lo sguardo di Helen si posava spesso su di lui, come per studiarlo, prendergli le misure; e confrontarlo, ne era certo, con Eragon.

Dopo mangiato, Roran fece cenno a Mandel di seguirlo, e lo condusse nel cortile alle spalle della casa. «Cosa c'è, Fortemartello?» chiese Mandel.

«Desidero parlarti in privato.»

«Di cosa?»

Roran fece scorrere le dita sulla testa affilata del martello. Si accorse che si sentiva come Garrow, quando suo padre gli dava una lezione di responsabilità; Roran poteva addirittura sentire le stesse frasi che gli premevano in gola. Così avanza la nuova generazione sulla vecchia, pensò. «Ti sei fatto amico certi marinai, ultimamente.» «Non sono nostri nemici» obiettò Mandel.

«Chiunque è nostro nemico, a questo punto. Clovis e i suoi uomini potrebbero tradirci in un batter d'occhio. Non sarebbe un problema, comunque, se frequentarli non ti avesse distolto dai tuoi dovéri.» Mandel s'irrigidì e le guance gli si arrossarono, ma non si svilì agli occhi di Roran negando l'accusa. Compiaciuto, Roran gli chiese: «Qual è la cosa più importante che possiamo fare adesso, Mandel?»

«Proteggere le nostre famiglie.» «Giusto. E cos'altro?»

Mandel esitò, turbato, poi confessò: «Non lo so.»

«Aiutarci l'uno con l'altro. È l'unico modo che abbiamo per sopravvivere. Sono rimasto molto deluso nell'apprendere che ti sei giocato a dadi il cibo con quei marinai, perché questo mette a repentaglio tutto il villaggio. Impiegheresti meglio il tuo tempo andando a caccia, invece che giocando a dadi o imparando a tirare coltelli. Morto tuo padre, la responsabilità di tua madre e dei tuoi fratelli ricade su di te. Dipendono da te. Sono stato chiaro?» «Chiarissimo» rispose Mandel con voce strozzata.

«Mi prometti che questo non accadrà più?»

«Mai più!»

«Bene. Sappi che non ti ho portato qui soltanto per rimproverarti. In te vedo una promessa, ed è per questo che ti assegnerò un compito che non affiderei a nessun altro, se non a me stesso.»

«Sissignore!»

«Domattina devi tornare all'accampamento e consegnare un messaggio a Horst. Jeod è convinto che l'Impero abbia messo delle spie a sorvegliare questa casa, perciò è di vitale importanza che ti assicuri di non essere seguito. Aspetta di essere lontano dalla città, poi semina chiunque ti segua nella campagna. Uccidilo, se necessario. Quando troverai Horst, digli...» Mentre Roran gli spiegava le sue istruzioni, osservò l'espressione di Mandel mutare dalla sorpresa al terrore, e infine tingersi di timore reverenziale.

«E se Clovis si oppone?» chiese Mandel.

«In quel caso, durante la notte spezza i timoni delle chiatte perché non possano più governarle. È un vile espediente, ma sarebbe un disastro se Clovis o qualcuno dei suoi uomini arrivasse a Teirm prima di te.»

«Non permetterò che accada» giurò Mandel.

Roran sorrise. «Bene.» Soddisfatto di aver risolto la questione del comportamento di Mandel e sicuro che il giovanotto avrebbe fatto di tutto per consegnare il messaggio a Horst, Roran rientrò e augurò la buonanotte al padrone di casa, prima di andare a dormire.

Con l'eccezione di Mandel, Roran e i suoi compagni rimasero confinati nella residenza di Jeod per tutto il giorno seguente, approfittandone per riposare, affilare le armi e ripassare la strategia.

Dall'alba al tramonto, qualche volta scorsero Helen che si affaccendava da una stanza all'altra, molto più spesso il maggiordomo Rolf con i suoi denti scintillanti simili a perle lustrate, ma nemmeno una volta Jeod, perché il mercante si era recato in città per incontrare, fingendo che fosse per caso, i pochi uomini di mare di cui si fidava per la spedizione. Al suo ritorno, disse a Roran: «Possiamo contare su altri

cinque marinai. Spero solo che bastino.» Jeod rimase nel suo studio per il resto della serata, a redigere vari documenti legali e a occuparsi dei suoi affari.

Tre ore prima dell'alba, Roran, Loring, Brigit, Gertrude e Nolfavrell si alzarono e ricacciando indietro prodigiosi sbadigli si riunirono nell'ingresso, dove indossarono lunghi mantelli col cappuccio per nascondere il viso. Uno stocco pendeva al fianco di Jeod quando si unì a loro, e Roran pensò che la spada sottile in qualche modo completava l'uomo snello dalle gambe lunghe, come per ricordare a Jeod chi era in realtà.

Jeod accese una lanterna a olio e la levò davanti a sé. «Siamo pronti?» disse. I cinque annuirono. Jeod aprì la porta e gli altri uscirono in fila sulla strada deserta. Dietro di loro, Jeod indugiò nell'ingresso, scoccando un'occhiata struggente alle scale, ma Helen non comparve. Con un brivido, Jeod lasciò la sua casa e chiuse la porta. Roran gli mise una mano sul braccio. «Quel che è fatto è fatto.»

«Lo so.»

Corsero fra le vie ancora buie della città, fermandosi come un muro compatto ogniqualvolta incontravano una pattuglia di ronda o altre creature della notte, che si dileguavano non appena li vedevano. A un tratto sentirono dei passi sul tetto di un edificio vicino. «La conformazione di Teirm» spiegò Jeod «rende più facile ai ladri arrampicarsi da un tetto all'altro.»

Rallentarono solo quando giunsero in vista del cancello est della città. Poiché il cancello affacciava sul porto, veniva chiuso soltanto quattro ore per notte, per non intralciare troppo i traffici commerciali. In effetti, malgrado l'ora, già parecchia gente affollava il varco.

Anche se Jeod li aveva avvertiti che sarebbe potuto accadere, Roran fu colto dal panico quando le guardie incrociarono le picche e vollero sapere chi fossero. Roran si umettò le labbra e cercò di non mostrarsi allarmato, mentre la sentinella più anziana esaminava una pergamena che Jeod gli aveva porto. Dopo un interminabile minuto, la guardia annuì e restituì il rotolo. «Potete passare.»

Una volta giunti al porto, lontani da orecchie indiscrete, Jeod disse: «Una vera fortuna che quello non sapesse leggere.»

I sei aspettarono sul pontile umido finché, uno dopo l'altro, gli uomini di Jeod non emersero dalla grigia nebbia che aleggiava sulla costa. Erano individui torvi e taciturni, con lunghe trecce che pendevano loro sulla schiena, mani annerite dal catrame e un assortimento di cicatrici che incutevano rispetto persino a Roran. Gli piacque ciò che vide, e capì che anche loro lo approvavano. Ma non fu lo stesso per Brigit.

Uno dei marinai, un omaccione grande e grosso, la indicò col pollice e accusò Jeod: «Non ci avevi detto che ci sarebbe stata anche una femmina. Come faccio a concentrarmi per combattere se mi ritrovo quella montanara stracciona fra i piedi?»

«Non parlare di lei in questo modo» sibilò Nolfavrell a denti stretti.

«E pure il marmocchio?»

Con voce calma, Jeod rispose: «Brigit ha combattuto i Ra'zac. E suo figlio ha già ucciso uno dei migliori soldati di Galbatorix. Tu puoi vantare lo stesso, Uthar?»

«Non è giusto» disse un altro uomo. «Io non mi sento al sicuro con una donna accanto; portano sfortuna. Una signora non dovrebbe...»

Qualunque cosa stesse per dire andò perduta, perché in quell'istante Brigit fece una cosa assai poco femminile. Con un gesto fulmineo, sferrò un calcio all'inguine di Uthar, poi afferrò il secondo uomo per un braccio, premendogli il coltello alla gola. Lo tenne in quella posizione per qualche istante, perché tutti potessero vedere, poi lo liberò. Uthar si rotolava sul pontile, con le mani strette fra le gambe, vomitando un fiume di imprecazioni.

«Qualche altra obiezione?» chiese Brigit. Al suo fianco, Nolfavrell fissava la madre a bocca aperta. Roran si calò il cappuccio sul volto per nascondere un ghigno divertito. Per fortuna non hanno notato Gertrude, pensò.

Nessun altro osò sfidare Brigit e Jeod disse: «Avete portato quello che ho chiesto?» Gli uomini estrassero dalle camicie un randello e un rotolo di corda ciascuno.

Così armati, s'incamminarono lungo la banchina verso l'Ala di Drago, facendo del loro meglio per non essere visti. Jeod tenne la lanterna chiusa tutto il tempo. Vicino al molo, si nascosero dietro un magazzino e videro le due lanterne portate dalle sentinelle sobbalzare sul ponte della nave. La passerella era tolta per la notte.

«Ricordate» mormorò Jeod, «la cosa fondamentale è impedire che l'allarme suoni prima che siamo pronti a salpare.» «Due uomini sopracoperta, due uomini sottocoperta, giusto?» chiese Roran.

Uthar rispose: «Di solito è così.»

Roran e Uthar si denudarono fino alla cintola, si legarono la corda e i randelli in vita - Roran lasciò indietro il martello - e poi corsero lungo il molo, lontani dalla visuale delle sentinelle, dove si immersero nell'acqua gelida. «Brr, quanto odio farlo» protestò Uthar tra i denti.

«L'hai già fatto altre volte?»

«Quattro, con questa. Non smettere di muoverti o ti congelerai.»

Passando da un pilone viscido all'altro, tornarono a nuoto da dove erano venuti fino a raggiungere il molo di pietra che portava all'Ala di Drago, poi deviarono a destra. Uthar avvicinò le labbra all'orecchio di Roran. «Io prendo l'ancora di dritta.» Roran annuì.

Si tuffarono entrambi sotto l'acqua nera, poi si divisero. Uthar nuotò come una rana sotto la prua della nave, mentre Roran andò dritto all'ancora di sinistra e si aggrappò alla pesante catena. Slegò il randello dalla cintura e lo strinse fra i denti - sia per impedire a questi di battere, sia per avere le mani libere - e aspettò. Il metallo gli sottraeva il calore dalle mani come ghiaccio.

Nemmeno tre minuti dopo, Roran sentì il rumore degli stivali di Brigit passargli sulla testa, mentre la donna si spostava dall'altro lato del molo, oltre la mezzanave, e poi udì la sua voce fievole avviare una conversazione con le sentinelle. Se tutto andava bene, avrebbe distolto la loro attenzione dalla prua.

Ora!

Roran si arrampicò lungo la catena. La spalla destra gli bruciava, dove il Ra'zac lo aveva morso, ma resistette al dolore. Dall'occhio di cubia dove passava la catena dell'ancora, si issò su una delle travi che sostenevano la polena dipinta, scavalcò la murata e atterrò sul ponte. Uthar era già lì, gocciolante e col fiato grosso.

Con i randelli in pugno, strisciarono verso poppa, nascondendosi in ogni anfratto. Si fermarono a meno di dieci passi dalle sentinelle. I due uomini erano affacciati al parapetto, intenti a scambiare quattro chiacchiere con Brigit. In un lampo, Roran e Uthar uscirono allo scoperto e colpirono le sentinelle sulla testa prima che potessero sguainare le sciabole. Sul molo, Brigit fece segno a Jeod e agli altri, e insieme sollevarono la passerella, per poi farla scivolare sulla nave, dove Uthar l'assicurò al parapetto.

Quando Nolf avrell corse a bordo, Roran gli lanciò la sua fune e disse: «Lega e imbavaglia quei due.» Tutti, tranne Gertrude, scesero sottocoperta in cerca degli altri uomini di guardia. Trovarono altri quattro membri dell'equipaggio - il commissario, il nostromo, il cuoco e il suo assistente - che furono tutti buttati giù dalle brande, tramortiti se resistevano, e poi legati con cura. Anche in questo caso Brigit dimostrò il suo valore, neutralizzando due uomini da sola.

Jeod fece portare gli sventurati prigionieri sul ponte, per poterli tenere d'occhio, poi dichiarò: «Abbiamo ancora molto da fare, e poco tempo. Roran, da questo momento Uthar è il comandante dell'Ala di Drago. Tu e gli altri prenderete ordini da lui.»

Nelle due ore successive, la nave fu un brulicare di attività. I marinai si occuparono delle sartie e delle vele, mentre Roran e i suoi compagni svuotavano la stiva di ogni mercé superflua, come le balle di lana grezza. Invece di gettarle fuori bordo, le calarono lentamente in acqua, perché nessuno udisse i tonfi. Se l'intero villaggio doveva trovare posto a bordo dell'Ala di Drago, era necessario sgombrare più spazio possibile.

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