Volodyk - Paolini2-Eldest
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Roran stava assicurando una fune intorno a un barile, quando udì un grido rauco: «Arriva qualcuno!» Tutti coloro che si trovavano sul ponte, tranne Jeod e Uthar, si distesero ventre a terra e impugnarono le armi. I due uomini rimasti in piedi cominciarono a camminare sul ponte come se fossero le sentinelle. Il cuore martellava nel petto di Roran che giaceva immobile, chiedendosi che cosa stava per accadere. Trattenne il fiato quando Jeod si rivolse all'intruso... poi riecheggiarono dei passi sulla passerella.
Era Helen.
Indossava un abito semplice e teneva i capelli raccolti sotto un fazzoletto; in spalla portava una sacca di tela. Senza dire una parola, scese a portare le sue cose nella cabina principale, poi tornò per mettersi al fianco di Jeod. Roran non aveva mai visto un uomo più felice.
Il cielo sulle lontane vette della Grande Dorsale aveva appena cominciato a rischiararsi quando uno dei marinai arrampicati sulle sartie puntò un dito verso nord e lanciò un fischio per indicare che aveva individuato gli abitanti del villaggio.
Roran accelerò i movimenti. Il tempo era agli sgoccioli. Corse al parapetto e scrutò la linea scura di gente che avanzava lungo la costa. Questa parte del piano dipendeva dal fatto che, al contrario delle altre città costiere, le mura esterne di Teirm non erano aperte sul mare, ma cingevano completamente la città per proteggerla dai frequenti attacchi dei pirati. Questo significava che la zona vicina al porto era transitabile senza passare per nessun cancello, e che gli abitanti di Carvahall potevano arrivare dritti all'Ala di Drago.
«Svelti! Sbrigatevi!» disse Jeod.
Su ordine di Uthar, i marinai arrivarono con le braccia cariche di giavellotti per le grandi baliste montate sul ponte, e con barili di pece dall'odore acre che spalmarono sulla metà superiore dei dardi. Poi tesero e caricarono le baliste sul lato di dritta; ci vollero due uomini per tendere ciascuna corda e agganciarla al fermo.
Gli abitanti del villaggio avevano percorso due terzi del tragitto fino alla nave, quando le sentinelle di ronda sulle mura di Teirm li individuarono e suonarono l'allarme. Ancor prima che svanisse la prima nota, Uthar urlò: «Accendete e tirate!»
Correndo da una balista all'altra, Nolfavrell incendiò la pece dei giavellotti con la fiamma della lanterna di Jeod. Nel momento in cui il dardo prendeva fuoco, l'uomo alla balista liberava la corda e il giavellotto schizzava con un sonoro schiocco. In tutto, dodici dardi infuocati partirono dall'Ala di Drago e colpirono le navi e gli edifici della baia come ruggenti meteore incandescenti piovute dal cielo.
«Ricaricate!» gridò Uthar.
Lo scricchiolio del legno piegato echeggiava nell'aria, mentre gli uomini tendevano le corde. Una seconda batteria di giavellotti fu collocata sulle baliste, e ancora una volta Nolfavrell fece il giro con la lanterna. Roran sentì la vibrazione sotto i piedi quando la balista davanti a lui scagliò il suo mortale proiettile.
L'incendio si propagò in rapida successione lungo il porto, formando una barriera impenetrabile che impediva ai soldati di raggiungere l'Ala di Drago dal cancello est di Teirm. Roran aveva contato sulla colonna di fumo per nascondere la nave agli arcieri sui bastioni, ma era ancora troppo sottile; un nugolo di frecce piovve fra le sartie, e un dardo si conficcò sul tavolato a un soffio da Gertrude prima che i soldati perdessero di vista la nave.
Dalla prua, Uthar gridò: «Fuoco a volontà!»
Nel frattempo, gli abitanti di Carvahall avevano raggiunto la spiaggia e correvano alla rinfusa; quando i primi arrivarono alla banchina, alcuni inciamparono e caddero, mentre gli arcieri di Teirm cambiavano bersaglio. I bambini strillavano terrorizzati. Poi i profughi ripresero la corsa, facendo vibrare le assi del pontile; superarono un magazzino in fiamme e si riversarono sul molo. La folla ansimante prese d'assalto la nave in una massa confusa di corpi che si spintonavano.
Brigit e Gertrude guidarono la fiumana di gente attraverso i boccaporti di prua e di poppa. In pochi minuti, ogni ponte della nave fu occupato, dalla stiva alla cabina del comandante. Quelli che non trovarono posto sottocoperta rimasero rannicchiati sul ponte, coprendosi la testa con gli scudi di Fisk.
Come Roran aveva chiesto nel suo messaggio, tutti gli uomini abili di Carvahall si ammassarono intorno all'albero di maestra, in attesa di istruzioni. Roran vide Mandel fra loro, e gli fece un cenno di approvazione.
Poi Uthar indicò un marinaio e latrò: «Tu, laggiù, Bonden! Porta questa marmaglia agli argani e levate le ancore, poi scendete ai remi. Di corsa!» Al resto degli uomini alle baliste, ordinò: «Metà Respingete chiunque tenti di abbordarci.»
Roran fu tra quelli che cambiarono murata. Mentre preparava la balista, uno barcollando dal fumo denso e salì sulla nave. Jeod ed Helen trascinarono i sei prigionieri verso la passerella, e uno per uno li fecero rotolare sul molo.
In un batter d'occhio, le ancore furono levate, le cime che assicuravano la passerella tagliate, e un tamburo risuonò sotto le assi del ponte, per dare il tempo ai rematori. Seppur lentamente, l'Ala di Drago virò a dritta verso il mare aperto, poi, a velocità crescente, si allontanò dal molo.
Roran accompagnò Jeod al casseretto, dove osservarono l'inferno cremisi che divorava ogni cosa fra Teirm e l'oceano. Al di là della cortina di fumo, il sole sorse come un disco opaco color del sangue.
Quanti ne avrò uccisi, adesso? si chiese Roran.
Come leggendogli nella mente, Jeod osservò: «Molti innocenti soffriranno.»
Il senso di colpa spinse Roran a rispondere con più veemenza di quanta avrebbe voluto. «Preferiresti trovarti nelle prigioni di Lord Risthart? Dubito che l'incendio provocherà molte vittime, e i feriti non affronteranno la morte, come accadrebbe a noi se l'Impero ci catturasse.»
«Non c'è bisogno che mi insegni la lezione, Roran. La conosco fin troppo bene. Abbiamo fatto quello che dovevamo. Solo, non chiedermi di provare piacere per le sofferenze che abbiamo causato per salvarci la pelle.» A mezzogiorno, i remi vennero tirati a bordo e l'Ala di Drago cominciò a veleggiare, sospinta dai venti favorevoli che spiravano da nord. Le sartie vibravano al vento con un basso ronzio.
La nave era sovraffollata, ma Roran era fiducioso che con un'attenta organizzazione sarebbero arrivati nel Surda col minimo disagio. Il peggior inconveniente erano le razioni limitate; se non volevano morire di stenti, il cibo avrebbe di voi passi alle baliste di sinistra.
sparuto gruppo di ritardatari uscì dovuto essere distribuito in esigue porzioni. E con tutta quella gente stipata, le malattie erano una possibilità tutt'altro che remota.
Dopo che Uthar ebbe pronunciato un breve discorso sull'importanza della disciplina a bordo, i contadini si apprestarono a svolgere le attività più urgenti, come curare i feriti, disfare i loro miseri bagagli e sfruttare al meglio lo spazio per poter improvvisare giacigli per tutti. Inoltre vennero assegnati loro i diversi compiti: qualcuno avrebbe cucinato, altri avrebbero imparato a fare il marinaio con la guida degli uomini di Uthar, e così via. Roran stava aiutando Elain ad appendere un'amaca quando rimase coinvolto in un'accesa discussione fra Odele, la sua famiglia e Frewin, che aveva disertato la chiatta di Torson per stare con la ragazza. I due volevano sposarsi, ma i genitori di Odele si opponevano strenuamente, sostenendo che il giovane marinaio non aveva una famiglia, una professione rispettabile e i mezzi per garantire alla figlia una vita dignitosa. Roran era dell'opinione che la coppia di innamorati dovesse restare insieme - in fin dei conti, era impensabile cercare di tenerli separati dal momento che si trovavano sulla stessa nave - ma i genitori di Odele si rifiutavano di dargli ascolto.
Frustrato, Roran esclamò: «Che intendete fare, allora? Non potete metterla sotto chiave, e credo che Frewin abbia dimostrato la sua devozione in più...»
«Ra'zac!»
Il grido venne dalla coffa.
Senza pensarci due volte, Roran si sfilò il martello dalla cintura, si volse e risalì di corsa la scaletta del boccaporto di prua, sbucciandosi un ginocchio. Si fece largo tra la folla assiepata sul casseretto e si fermò al fianco di Horst. Il fabbro puntò un dito.
Una delle ributtanti cavalcature dei Ra'zac sorvolava la linea di costa come un'ombra sfilacciata, con un Ra'zac in groppa. Vedere i due mostri alla luce del giorno non diminuiva affatto l'orrore che ispiravano a Roran. Trasalì quando la creatura alata emise il suo grido terrificante, e poi la voce da insetto del Ra'zac volò sull'acqua, fievole ma distinta: «Non ci sssfuggirete!»
Roran guardò le baliste, ma non poteva girarle abbastanza da mirare al Ra'zac o alla sua cavalcatura. «Qualcuno ha un arco?»
«Sì, io» disse Baldor. Si appoggiò su un ginocchio e cominciò a incordare l'arma. «Fate che non mi veda.» Tutti quelli che erano sul casseretto si strinsero in cerchio intorno a Baldor, facendogli scudo con i propri corpi dallo sguardo malevolo del Ra'zac.
«Perché non attaccano?» ringhiò Horst.
Perplesso, Roran cercò di trovare una spiegazione, invano. Fu Jeod che suggerì: «Forse c'è troppa luce per loro. I Ra'zac vanno a caccia di notte, e per quanto ne so non abbandonano volentieri le loro tane finché c'è ancora sole nel cielo.»
«Non è soltanto questo» intervenne Gertrude. «Credo che abbiano paura dell'oceano.»
«Paura dell'oceano?» le fece eco Horst, accigliato.
«Guardateli. Non osano avanzare per più di una iarda sull'acqua.»
«Ha ragione!» esclamò Roran. Almeno una debolezza che potrò usare contro di loro!
Qualche secondo dopo, Baldor disse: «Pronto!»
La muraglia umana che lo proteggeva si aprì di colpo, sgombrandogli la mira. Baldor scattò in piedi, avvicinò l'impennaggio alla guancia e scoccò la freccia.
Fu un lancio eroico. Il Ra'zac era al limite della gittata di un arco normale - molto più distante di qualsiasi bersaglio che Roran avesse visto colpire da un arciere - ma Baldor non fallì. La sua freccia colpì la creatura volante al fianco destro, e la bestia lanciò un grido di dolore così potente da infrangere i vetri sul ponte e spaccare le pietre sulla riva. Roran si coprì le orecchie con le mani per proteggerle dal grido feroce. Ancora gridando, il mostro invertì la rotta e si diresse verso l'entroterra per sparire dietro una fila di colline nebbiose.
«L'hai ucciso?» chiese Jeod, pallido in volto.
«Temo di no» rispose Baldor. «Credo di averlo soltanto ferito.»
Loring, che era appena arrivato, osservò con soddisfazione: «Già, ma almeno l'hai colpito, e scommetto che ci penseranno due volte prima di darci ancora fastidio.»
Con un'espressione tetra, Roran disse: «Risparmiati il trionfo per dopo, Loring. Non è stata una vittoria.» «Perché no?» disse Horst.
«Perché adesso l'Impero sa esattamente dove ci troviamo.» Sul casseretto calò il silenzio, mentre tutti riflettevano sulle implicazioni delle sue parole.
Una bambina intraprendente
E questo» disse Trianna «è l'ultimo modello che abbiamo realizzato.» Nasuada prese il velo nero dalle mani della maga e se lo fece scorrere piano piano fra le dita, ammirandone la qualità. Nessun umano avrebbe potuto produrre un merletto così fine. Guardò con soddisfazione le scatole sulla sua scrivania, che contenevano i campioni dei diversi modelli creati dal Du Vrangr Gata. «Ottimo lavoro» disse. «Molto meglio di quanto sperassi. Di' ai tuoi stregoni che mi compiaccio del loro lavoro. Significa molto per i Varden.»
Trianna chinò il capo, lusingata. «Riferirò loro il tuo messaggio, ledy Nasuada.»
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