Volodyk - Paolini3-Brisingr
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«Com'è possibile, se non sapeva della mia esistenza?»
Oromis si strinse nelle spalle ossute. «Nonostante migliaia di anni di studio, ancora non sappiamo predire o spiegare tutti gli effetti della magia.»
Eragon continuò a passare il dito sul piccolo rilievo nel tavolo. Ho un padre, pensò. L'ho visto morire e non avevo idea di chi fosse... «I miei genitori» disse un attimo dopo «si sono mai sposati?»
«So perché lo chiedi, Eragon, e non so se la mia risposta ti soddisferà. Il matrimonio non è un'usanza elfica, e le sue sottigliezze spesso mi sfuggono. Nessuno ha unito le mani di Brom e Selena in matrimonio, ma so che loro si consideravano marito e moglie. Se sei saggio, non devi temere che gli altri della tua razza ti chiamino bastardo, ma devi essere contento di sapere che sei figlio dei tuoi genitori, e che entrambi hanno dato la vita perché tu potessi vivere.»
Eragon fu sorpreso dalla propria calma. Per tutta la vita aveva fatto ipotesi sull'identità di suo padre. Quando Murtagh gli aveva detto che era Morzan, la rivelazione lo aveva sconvolto quanto la morte di Garrow. Anche quando Glaedr aveva dichiarato che suo padre invece era Brom, Eragon era rimasto colpito allo stesso modo, ma il trauma non era durato a lungo, forse perché questa volta la notizia non era così terribile. Nella sua strana calma, pensò che avrebbe potuto impiegare anni prima di essere certo dei propri sentimenti verso i genitori. Mio padre era un Cavaliere e mia madre la compagna e la Mano Nera di Morzan.
«Potrò dirlo a Nasuada?» chiese.
Oromis aprì le mani. «Dillo a chi vuoi; puoi fare quello che ti pare col tuo segreto. Dubito che correresti più rischi di quanti già non ne corri adesso, se anche tutto il mondo sapesse che sei il figlio di Brom.»
«Murtagh» disse Eragon. «Lui è convinto che siamo veri fratelli. Me l'ha detto nell'antica lingua.»
«E sono sicuro che anche Galbatorix lo pensa. Sono stati i Gemelli a scoprire che tua madre e la madre di Murtagh erano la stessa persona, e l'hanno riferito al re. Ma non hanno potuto informarlo del coinvolgimento di Brom, perché nessuno fra i Varden ne era a conoscenza.»
Eragon levò lo sguardo verso la coppia di rondini che volteggiava sulle loro teste e si concesse un sorriso beffardo.
«Perché sorridi?» gli chiese Oromis.
«Non sono certo che capiresti.»
L'elfo si strinse le mani in grembo. «È vero, forse non capirei. Ma non potrai mai saperlo se almeno non provi a spiegarlo.»
Eragon impiegò qualche istante a trovare le parole. «Quando ero più giovane, prima di tutto questo» e fece un ampio gesto per indicare Saphira e Oromis e Glaedr e il mondo in generale «mi divertivo a immaginare che, a causa della sua grande bellezza e intelligenza, mia madre fosse stata portata nelle corti dei nobili di Galbatorix. Immaginavo che avesse viaggiato di città in città, e cenato con i conti e le dame nei loro castelli e che... be', che si fosse innamorata perdutamente di un uomo ricco e potente ma che, per qualche ragione, fosse stata costretta a nascondermi a lui e ad affidarmi a Garrow e a Marian, e che un giorno sarebbe tornata per dirmi chi ero e che non aveva mai voluto separarsi da me.»
«Non è tanto diverso da ciò che è successo» disse Oromis.
«No, infatti, ma... immaginavo che mia madre e mio padre fossero persone importanti e che anche io in qualche modo lo fossi. Il destino mi ha concesso ciò che volevo, ma la verità non è così grandiosa e felice come credevo. Ecco perché sorridevo. Sorridevo della mia inconsapevolezza, e di quanto era improbabile tutto quello che invece mi è capitato.»
Una leggera brezza soffiò sulla radura, facendo frusciare l'erba ai loro piedi e agitare i rami della foresta. Eragon osservò l'erba ondeggiare per qualche istante, poi chiese in tono sommesso: «Mia madre era una brava persona?»
«Non posso saperlo, Eragon. La sua è stata una vita complicata. Sarebbe sciocco e arrogante da parte mia pensare di poter giudicare una persona di cui so così poco.»
«Ma io ho bisogno di sapere!» Eragon congiunse le mani, premendo le dita fra i calli sulle nocche. «Quando chiesi a Brom se la conosceva, lui disse che era una donna fiera e dignitosa e che aiutava sempre i poveri e quelli meno fortunati di lei. Ma come poteva? Come poteva essere quella persona e al contempo la Mano Nera? Jeod mi ha raccontato certe cose... cose orribili, tremende... che lei ha fatto mentre era al servizio di Morzan. Era cattiva, allora? Non le importava che fosse Galbatorix a governare? E soprattutto, perché seguì Morzan?»
Oromis tacque un istante. «L'amore può essere una maledizione terribile, Eragon. È capace di renderti cieco e non farti vedere i più grandi difetti di una persona. Dubito che tua madre fosse del tutto consapevole della vera natura di Morzan quando lasciò Carvahall per andare con lui, e in seguito lui non le permise più di disobbedire ai suoi ordini. Divenne la sua schiava in tutto e per tutto, e fu solo cambiando la propria identità che poté sfuggire al suo controllo.»
«Ma Jeod ha detto che lei provava piacere a fare quello che faceva come la Mano Nera.»
Una lieve espressione di sdegno alterò i lineamenti di Oromis. «I racconti delle atrocità passate spesso sono esagerati e distorti, faresti bene a ricordartelo. Nessuno tranne tua madre sa esattamente ciò che fece o perché o che cosa provava al riguardo, e lei non è più tra i vivi per raccontarlo.»
«Ma a chi dovrei credere?» implorò Eragon. «A Brom o a Jeod?»
«Quando hai chiesto a Brom di tua madre, lui ti ha detto quelle che pensava fossero le sue principali qualità. Il mio consiglio è di fidarti di lui, che la conosceva a fondo. Se questo non risolve i tuoi dubbi, ricorda che qualunque crimine lei abbia commesso mentre agiva come la Mano di Morzan, alla fine passò dalla parte dei Varden e fece di tutto per proteggerti. Sapendo questo, non dovresti tormentarti oltre sulla natura del suo carattere.»
Spinto dalla brezza, un ragno appeso a un filo di seta passò davanti agli occhi di Eragon, dondolando avanti e indietro su invisibili correnti d'aria. Quando il ragno fu sparito dalla visuale, Eragon disse: «La prima volta che siamo stati a Tronjheim, Angela l'indovina mi ha detto che era il wyrd di Brom fallire in ogni cosa che tentava, tranne che nell'uccidere Morzan.»
Oromis inclinò il capo. «Qualcuno potrebbe pensarla così. Qualcun altro potrebbe concludere che Brom realizzò tante cose importanti e difficili. Dipende da come scegli di vedere il mondo. Di rado le parole degli indovini sono facili da decifrare. Secondo la mia esperienza, le loro predizioni non portano mai alla pace della mente. Se vuoi essere felice, Eragon, non pensare a quello che sarà o a quello su cui non hai controllo, ma pensa piuttosto al momento presente, e a quello che sei in grado di cambiare.»
Eragon fu attraversato da un pensiero. «Blagden» disse, riferendosi al corvo bianco compagno della regina Islanzadi. «Anche lui sa di Brom, è così?»
Oromis inarcò un sopracciglio sottile. «Davvero? Io non gliene ho mai parlato. È una creatura volubile, su cui non si può fare affidamento.»
«Il giorno in cui io e Saphira siamo partiti per le Pianure Ardenti, mi recitò un indovinello. Non ricordo ogni verso con precisione, ma era qualcosa su uno di due che è uno, mentre uno potrebbe essere due. Forse alludeva al fatto che Murtagh e io condividiamo soltanto uno dei genitori.»
«Può essere» disse Oromis. «Blagden era qui a Ellesméra quando Brom mi raccontò di te. Non mi sorprenderebbe scoprire che quel ladro dal becco affilato si era appollaiato su un albero vicino durante la nostra conversazione: ha il brutto vizio di origliare. Ma può darsi che l'indovinello sia stato il risultato di uno dei suoi sporadici attacchi di preveggenza.»
Glaedr si mosse, e Oromis si volse a guardare il drago dorato. L'elfo si alzò dalla sedia con un movimento fluido, dicendo: «Frutta, noci e pane vanno bene per placare la fame, ma dopo un viaggio del genere dovresti mangiare qualcosa di più sostanzioso. Ho una zuppa sul fuoco che richiede la mia attenzione. Non scomodarti, prego, te la porto non appena è pronta.» Con passo felpato, Oromis si avviò alla capanna coperta di corteccia e scomparve all'interno. Non appena la porta intagliata si chiuse alle sue spalle, Glaedr sospirò e abbassò le palpebre, come se volesse dormire.
Regnò il silenzio, interrotto soltanto dal fruscio dei rami scossi dal vento.
L'EREDITÀ
Eragon rimase seduto al tavolo rotondo per diversi minuti, poi si alzò e camminò fino al ciglio della rocca di Tel'naeír, dove guardò la foresta che si estendeva un migliaio di piedi sotto di lui. Con la punta di uno stivale spinse giù un ciottolo e lo osservò rimbalzare lungo la parete di roccia finché non scomparve inghiottito dagli alberi.
Un ramo si spezzò quando Saphira gli si avvicinò da dietro e si accovacciò al suo fianco. Le squame della dragonessa lo inondarono di centinaia di riflessi azzurrini. Lei guardò dalla stessa parte e gli chiese: Sei arrabbiato con me?
No, figurati. Capisco che non potevi rompere un giuramento fatto nell'antica lingua... Solo, avrei voluto che fosse stato Brom a dirmelo e che non avesse sentito il bisogno di nascondermi la verità.
Saphira volse la testa verso di lui. Come ti senti, Eragon?
Lo sai bene.
Fino a qualche minuto fa sì, ma ora non più. Sei diventato immobile, e
guardare nella tua mente è come sbirciare in un lago troppo profondo per poterne scorgere il fondo. Che cosa c'è dentro di te, piccolo mio? Rabbia? Felicità? O non hai emozioni da condividere?
Dentro di me c'è rassegnazione, disse lui, voltandosi a guardarla. Non posso cambiare chi sono i miei genitori; mi ci ero già rassegnato dopo le Pianure Ardenti. Quello che è, è. E non serve a niente digrignare i denti dalla rabbia. Sono... contento, immagino, che Brom sia mio padre. Ma non ne sono sicuro... È una cosa troppo grande da accettare tutta insieme.
Magari quello che ho da darti ti aiuterà. Vorresti vedere il ricordo che Brom ha lasciato per te, o preferisci aspettare?
No, niente attese, disse lui. Se rimandiamo, potrebbe non esserci più un'altra occasione.
Allora chiudi gli occhi e lascia che ti mostri ciò che accadde una volta.
Eragon fece come lei gli aveva detto, e da Saphira cominciò a fluire una corrente di sensazioni: paesaggi, rumori, odori, e altro ancora, tutto quello che lei aveva sperimentato al momento del ricordo.
Davanti a sé Eragon vide una radura nella foresta, da qualche parte fra le colline ai piedi del versante occidentale della Grande Dorsale. L'erba era fitta e rigogliosa, e festoni di licheni giallognoli pendevano dagli alti alberi inclinati, coperti di muschio. Per via delle piogge che dall'oceano arrivavano nell'entroterra, lì i boschi erano molto più verdi e umidi di quelli della Valle Palancar. Visti attraverso gli occhi di Saphira, i verdi e i rossi erano più attenuati di come sarebbero apparsi agli occhi di Eragon, mentre ogni sfumatura di blu risplendeva più intensa del normale. L'odore del terreno umido e del legno marcio impregnava l'aria.
Al centro della radura c'era un albero caduto, e sopra l'albero caduto era seduto Brom.
Il cappuccio del mantello era gettato all'indietro in modo da lasciargli il capo scoperto. Aveva la spada adagiata in grembo. Il bastone contorto, inciso di rune, era appoggiato al tronco. L'anello Aren scintillava sulla sua mano destra.
Per un lungo momento Brom rimase immobile, poi rivolse gli occhi socchiusi al cielo e il suo naso aquilino gettò una lunga ombra sul volto. Risuonò la sua voce rauca, ed Eragon vacillò, sentendosi fuori dal tempo.
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