Volodyk - Paolini1-Eragon.doc
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Eragon si rimise la camicia. «Già... fortunato.» Trasse un breve respiro, si avvicinò a Brom e vide che Murtagh gli aveva tagliato la tunica per fasciargli la ferita. Con dita tremanti, in ginocchio accanto al vecchio, cominciò a svolgere la benda.
«Sarebbe meglio non farlo» gli disse Murtagh. «O si dissanguerà a morte.»
Eragon lo ignorò e scoprì la ferita. Era piccola e sottile, ma molto profonda. Il sangue sgorgava a fiotti. Come aveva imparato quando Garrow era stato ferito, un colpo inflitto dai Ra'zac era lento a guarire.
Si tolse i guanti, mentre con la mente si affannava a cercare le parole guaritrici che Brom gli aveva insegnato. Aiutami, Saphira , supplicò. Sono troppo debole per farcela da solo.
Saphira si accoccolò accanto a lui, fissando lo sguardo su Brom. Sono qui, Eragon. Quando la mente di lei si fuse con la sua, Eragon avvertì una nuova ondata di energia nel corpo. Evocò i loro poteri congiunti e si concentrò sulle parole. La sua mano, sospesa sulla ferita, tremava. «Waise heill!» esclamò. Il suo palmo luccicò, e la pelle di Brom si rimarginò come se non fosse mai stata intaccata, Murtagh osservò la scena con muto stupore.
Accadde tutto in pochi istanti. Quando il bagliore svanì, Eragon si sedette, sentendosi male. Non l'avevamo mai fatto prima, disse.
Saphira annuì. Insieme possiamo evocare incantesimi che da soli ci sarebbero impossibili. Murtagh osservò il fianco di Brom e chiese: «È guarito del tutto?»
«Posso solo curare ciò che sta in superficie. Non ne so abbastanza per guarire i danni interni. Adesso dipende da lui. Io ho fatto tutto quello che era in mio potere.» Eragon chiuse gli occhi per un momento e mormorò debolmente: «Mi... mi sento la testa fra le nuvole.»
«Probabilmente hai bisogno di mangiare qualcosa» disse Murtagh. «Ti preparo una zuppa.» Mentre Murtagh cucinava, Eragon lo osservò, domandandosi chi fosse. La sua spada e il suo arco erano di squisita fattura, come anche il corno. O era un ladro, o una persona ricca... molto ricca. Perché dava la caccia ai Ra'zac? Come sono diventati suoi nemici? Forse lavora per i Varden? Murtagh gli porse una scodella di zuppa. Eragon ne assaggiò un cucchiaio, e poi chiese: «Quanto tempo è passato da quando i Ra'zac sono fuggiti?»
«Un paio d'ore.»
«Allora dobbiamo andarcene prima che tornino con i rinforzi.»
«Tu forse sei in grado di viaggiare» disse Murtagh, poi indicò Brom. «ma lui no. Non ci si alza per fare una cavalcata dopo aver ricevuto una pugnalata alle costole.»
Se riusciamo a fare una barella, puoi portare Brom fra i tuoi artigli come hai fatto con Garrow? chiese Eragon a Saphira.
Sì, ma l'atterraggio sarà difficile.
Tentiamo comunque. Eragon si rivolse a Murtagh. «Lo può portare Saphira, ma dobbiamo costruire una barella. Ci pensi tu? lo non ne ho la forza.»
«Aspetta qui.» Murtagh si allontanò dall'accampamento con la spada sguainata, Eragon zoppicò fino alle bisacce e raccolse l'arco da dove l'avevano gettato i Ra'zac. Lo incordò, trovò la faretra, e infine recuperò Zar'roc, che giaceva nell'ombra. Poi prese una coperta per la barella. Murtagh tornò con due rami che posò paralleli sul terreno. In mezzo legò la coperta, e alla fine depose con cautela Brom sulla barella improvvisata, legandolo con altre funi. Saphira afferrò i due rami tra gli artigli e spiccò il volo. «Non avrei mai pensato di vedere una cosa simile» commentò Murtagh con uno strano tono di voce.
Mentre Saphira svaniva nel cielo scuro, Eragon si avvicinò a Cadoc e montò a fatica in sella. «Grazie di averci aiutati. Adesso faresti meglio ad andartene. Allontanati da noi il più in fretta possibile. Sarai in pericolo, se l'Impero ti scopre con noi. Non possiamo proteggerti, e io non voglio cheti accada nulla di male per causa nostra.»
«Bel discorsetto, non c'è che dire» dichiarò Murtagh, spegnendo il fuoco. «ma dove andrete? Conosci un posto nelle vicinanze dove potrete stare al sicuro?»
«No» ammise Eragon.
Gli occhi di Murtagh scintillarono, mentre faceva scorrere le dita sull'elsa della spada. «In questo caso, credo che vi accompagnerò finché non sarete fuori pericolo. Per parte mia, non ho niente di meglio da fare; anzi, se resto con voi ho maggiori probabilità di incontrare i Ra'zac che se fossi da solo. Accadono cose interessanti, intorno a un Cavaliere.»
Eragon esitò, indeciso se accettare aiuto da uno sconosciuto. Capiva di essere troppo debole per cavarsela da solo. Se Murtagh si rivelasse indegno di fiducia, Saphira potrà sempre cacciarlo via. «D'accordo, unisciti a noi, se vuoi.»
Murtagh annuì e montò sul suo cavallo da guerra. Eragon prese le redini di Fiammabianca, e insieme si allontanarono.
dall'accampamento, inoltrandosi nella natura selvaggia. La falce di luna alta nel cielo spandeva una luce fioca, che, Eragon lo sapeva, avrebbe soltanto aiutato i Ra'zac a rintracciarli. Avrebbe voluto fare altre domande allo straniero, ma rimase in silenzio, risparmiando energie per la cavalcata. All'approssimarsi dell'alba, Saphira disse: Dobbiamo fermarci. Ho le ali stanche e Brom ha bisogno di cure. Ho scoperto un buon posto dove riposarci, a circa due miglia da dove vi trovate.
La trovarono accucciata ai piedi di un cumulo di arenaria che sorgeva dal terreno come una grande collina. Le sue pendici erano perforate da cavità di varie misure, e tutt'intorno erano disseminate gobbe simili. Saphira sembrava compiaciuta. Ho scoperto una caverna impossibile da scorgere da terra. E abbastanza grande da ospitarci tutti, compresi i cavalli. Seguitemi. Si voltò e cominciò a risalire la china, gli artigli che affondavano facilmente nella pietra arenaria. I cavalli erano invece in difficoltà, perché gli zoccoli scivolavano. Eragon e Murtagh dovettero tirare e spingere gli animali per quasi un'ora prima di raggiungere il nascondiglio.
La caverna era lunga una trentina di metri e larga venti, eppure aveva un ingresso molto piccolo che la proteggeva dalle intemperie e da occhi indiscreti. Il fondo era inghiottito dalle tenebre, che rivestivano le pareti come arazzi di soffice velluto nero.
«Perfetto» disse Murtagh. «Raccolgo la legna per il fuoco.» Eragon corse da Brom. Saphira lo aveva posato su una piccola sporgenza di roccia, verso il fondo. Eragon prese la mano abbandonata di Brom e scrutò angosciato il suo volto rugoso. Dopo qualche minuto, sospirò e tornò al falò che Murtagh aveva acceso.
Mangiarono in silenzio, poi provarono a dare un po' d'acqua a Brom, che però non bevve. Sfiniti, distesero a terra le coperte e si addormentarono.
L'ADDIO DI UN CAVALIERE
S
vegliati, Eragon. Il ragazzo si agitò nel sonno e borbottò. Mi serve il tuo aiuto. Qualcosa non va Eragon ignorò la voce e provò a riaddormentarsi.
Svegliati!
Lasciami in pace, si lamentò.
Eragon! La grotta fu squassata da un potente ruggito. Eragon si alzò di scatto, cercando a tentoni il suo arco, Saphira era accucciata su Brom, che era rotolato giù dalla cornice di roccia e si stava agitando per terra. Il suo volto era contratto in una smorfia, i pugni serrati, Eragon accorse, temendo il peggio.
«Aiutami a tenerlo fermo. Finirà per farsi male!» gridò a Murtagh, mentre cingeva le braccia di Brom. Gli spasmi del vecchio gli procuravano dolorose fitte al costato. Insieme riuscirono a trattenere Brom finché le convulsioni non furono finite. Poi lo ridistesero con cautela sulla roccia. Eragon toccò la fronte di Brom. La sua pelle era così bollente che il calore si avvertiva perfino a un paio di pollici di distanza. «Portami dell'acqua e un panno» disse, preoccupato. Murtagh eseguì, ed Eragon fece al vecchio delle spugnature fredde per abbassare la febbre. Nel silenzio della caverna, notò che fuori si era fatto giorno. Quanto abbiamo dormito? chiese a Saphira.
Un bel po'. Ho vegliato io su Brom, È stato tranquillo fino a un attimo fa, quando ha cominciato ad agitarsi. Ti ho svegliato quando è caduto.
Eragon si stiracchiò, soffocando a stento un gemito quando le costole scricchiolarono. All'improvviso si sentì afferrare la spalla da una mano. Gli occhi di Brom erano spalancati e vitrei, fissi su di lui. «Tu!» gracchiò. «Portami l'otre del vino!»
«Brom!» esclamò Eragon, lieto di sentirlo parlare. «Non dovresti bere vino; ti farà stare peggio.» «Portamelo ragazzo... portamelo e basta» sospirò Brom. La sua mano scivolò dalla spalla di Eragon. «Torno subito. Aspetta.» Eragon corse alle bisacce e le frugò freneticamente. «Non riesco a trovarlo!» gridò, guardandosi intorno disperato.
«Tieni, prendi il mio» disse Murtagh, e gli porse un otre di pelle.
Eragon lo prese e tornò da Brom. «Ho il vino» disse, inginocchiandosi, Murtagh si spostò verso l'imboccatura della grotta per lasciarli da soli.
Le parole di Brom erano deboli e confuse. «Bene...»
Levò il braccio a fatica. «Ora... lavami la mano destra col vino.»
«Cosa,..» cominciò a chiedere Eragon.
«Non discutere! Non ho tempo.» Sconcertato, Eragon stappò l'otre e versò il vino sul palmo di Brom. Lo strofinò sulla pelle del vecchio, passandoglielo fra le dita e sul dorso. «Ancora» gli ordinò Brom con voce rauca. Eragon obbedì e continuò a strofinare vigorosamenete la mano, da cui prese a colare una sorta di tintura marrone. Si fermò di colpo, a bocca aperta per lo stupore: sul palmo di Brom era comparso il gedwèy ignasia.
«Sei un Cavaliere?» disse incredulo.Un sorriso dolente affiorò sulle labbra del vecchio. «Tanto tempo fa... ma non più. Quando ero giovane... più giovane di te adesso, fui scelto... scelto dai Cavalieri stessi per unirmi alle loro schiere. Durante l'addestramento, feci amicizia con un altro novizio... Morzan, prima che diventasse un Rinnegato.» Eragon si lasciò sfuggire un'esclamazione di meraviglia: erano passati più di cento anni. «Ma poi lui ci tradì consegnandoci a Galbatorix.., e nella battaglia di Dorù Areaba, la città di Vroengard, il mio giovane drago rimase ucciso. Si chiamava... Saphira.»
«Perché non me l'hai detto prima?» chiese Eragon in tono sommesso.
Brom rise. «Perché... non ce n'era motivo.» Si fermò. Il suo respiro era affannato, le mani contratte. «Sono vecchio, Eragon... tanto vecchio. Sebbene il mio drago sia morto, ho vissuto più a lungo del previsto. Tu non sai che cosa significa raggiungere la mia età, guardarsi indietro e rendersi conto di non ricordarsi quasi niente; e poi guardare avanti e sapere che ti aspettano ancora molti anni da vivere... Dopo tutto questo tempo, ancora piango la mia Saphira... e odio Galbatorix per quello che mi ha fatto.» I suoi occhi febbricitanti fissarono Eragon con tenacia mentre diceva: «Non lasciare che questo accada anche a te. Mai! Proteggi Saphira con la tua vita, perché senza di lei non vale la pena di vivere.»
«Non devi parlare così. Non le accadrà niente» protestò Eragon, addolorato.
Brom volse la testa di lato. «Forse sto vaneggiando.» Il suo sguardo vagò cieco su Murtagh, poi tornò a posarsi su Eragon. La sua voce divenne all'improvviso potente. «Eragon! Non manca molto ormai. È…è una ferita crudele, la mia; sto perdendo le forze e non posso far nulla per combatterla…Ma prima di lasciarti, vuoi accettare la mia benedizione?»
«Andrà tutto bene» mormorò Eragon, con le lacrime agli occhi. «Non parlare. Riposati.» «Devo farlo... così vanno le cose. Dunque, vuoi ricevere la mia benedizione?» Eragon chinò il capo e annuì, sopraffatto. Brom gli posò una mano tremante sulla fronte.
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