Volodyk - Paolini2-Eldest

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«Ceramiche» rispose Roran.

«Ceramiche?»

«Ceramiche.»

«A che ti serve il martello, allora?»

«Come pensi che si ottenga l'effetto screpolato su una bottiglia o su un vaso? Non viene mica da solo. Devi colpirli.» Roran ricambiò lo sguardo incredulo dell'uomo canuto con un'espressione l'affermazione.

Il soldato borbottò e fece di nuovo scorrere lo sguardo su tutti loro. «Sarà pure, commercianti. Gatti randagi morti di fame, direi piuttosto.»

«Abbiamo avuto difficoltà per la strada» disse Gertrude.

«Può darsi. Ma se venite da Teirm, dove sono i vostri cavalli?»

«Li abbiamo lasciati all'accampamento» rispose Hamund, facendo un vago cenno verso sud, la direzione opposta rispetto a dove si erano nascosti gli abitanti del villaggio.

«Non avete soldi per alloggiare in città, eh?» Con una risatina di scherno, il soldato alzò l'ascia e fece cenno al compagno di fare altrettanto. «D'accordo, passate pure, ma non voglio problemi, altrimenti vi rispediamo da dove siete venuti, o peggio.»

Una volta superato il cancello, Horst spinse Roran contro un muro e gli ringhiò nell'orecchio: «Ma che razza di stupidaggini vai dicendo? Fare le screpolature a furia di martellate! Cerchi rogne? Non possiamo...» S'interruppe quando Gertrude lo tirò per una manica.

«Guardate» mormorò la guaritrice.

A sinistra dell'ingresso c'era un tabellone per gli avvisi largo sei piedi, con una piccola tettoia a spiovente per proteggere la pergamena ingiallita. Metà del tabellone era dedicato ad avvisi ufficiali e proclami. Sull'altra metà erano affissi manifesti che ritraevano la faccia di vari criminali. In primo piano campeggiava un disegno di Roran senza barba. Sconvolto, Roran si guardò intorno per assicurarsi che nessuno per la strada fosse abbastanza vicino da confrontare la sua faccia con l'illustrazione, poi rivolse la sua attenzione alla pergamena. Si era aspettato che l'Impero li inseguisse, ma fu lo stesso terribile averne la prova. Galbatorix sta spendendo una fortuna nel tentativo di acciuffarci. Quando erano sulla Grande Dorsale, era stato facile dimenticare che esisteva il mondo esterno. Scommetto che manifesti del genere sono affissi in tutto l'Impero. Sogghignò, contento di essersi fatto crescere la barba, e che lui e gli altri avessero deciso di adottare nomi fittizi finché restavano a Narda.

In fondo al manifesto era scritta la ricompensa. Garrow non aveva mai insegnato a leggere a Roran ed Eragon, ma aveva insegnato loro i numeri perché, diceva: "Dovete sapere quanto avete, quanto vale, e quanto vi viene pagato, per non farvi imbrogliare da qualche furfante senza scrupoli". Così Roran vide che l'Impero offriva diecimila corone per la sua cattura, abbastanza per vivere comodamente per diversi decenni. In un certo senso perverso, l'entità della ricompensa lo inorgoglì, facendolo sentire importante.

Poi il suo sguardo si spostò sul manifesto accanto.

Eragon.

Roran si sentì attanagliare le viscere come se lo avessero colpito, e per qualche secondo si dimenticò di respirare. Allora è vivo!

Dopo un primo momento di sollievo, Roran sentì montare l'antica rabbia per il ruolo che Eragon aveva avuto nella morte di Garrow e nella distruzione della fattoria, accompagnata da un cocente desiderio di sapere perché l'Impero dava la caccia a Eragon. Deve avere a che fare con quella pietra blu e la prima visita dei Ra'zac a Carvàhall. Ancora una volta, Roran si domandò in quale tipo di oscura macchinazione lui e il resto del villaggio erano rimasti implicati. Invece di una ricompensa, sul poster di Eragon c'erano due righe di rune. «Di quale crimine è accusato?» chiese Roran a Gertrude.

La pelle intorno agli occhi di Gertrude s'increspò, mentre aguzzava la vista per leggere. «Alto tradimento, per tutti e due. Dice che Galbatorix assegnerà una contea a chiunque catturi Eragon, ma coloro che ci proveranno devono stare attenti perché è molto pericoloso.»

Roran sbattè le palpebre, incredulo. Eragon? Gli sembrava inconcepibile, finché Roran non considerò come lui stesso era cambiato nelle ultime settimane. Lo stesso sangue scorre nelle nostre vene. Eragon potrebbe aver compiuto chissà quali imprese da quando è fuggito.

vacua, sfidandolo a confutare

ma a me non sembrate proprio A bassa voce, Baldor disse: «Se uccidere gli uomini di Galbatorix e sconfiggere i Ra'zac ti fa valere appena diecimila corone, cosa può aver fatto per valere una contea?»

«Forse ha fregato il re in persona» suggerì Lame.

«Basta così» disse Horst. «Tenete a freno la lingua, o finiremo nei guai. E tu, Roran, non attirare l'attenzione su di te. Con una ricompensa del genere, la gente non farà altro che osservare gli stranieri per trovare qualcuno che corrisponda alla tua descrizione.» Passandosi una mano fra i capelli, Horst si tirò su la cinta e aggiunse: «Bene. Abbiamo del lavoro da fare. Tornate qui a mezzogiorno a riferire.»

A quel punto, il gruppo si divise in tre. Darmen, Lame e Hamund andarono in cerca di cibo per i compagni, sia per l'immediato consumo che per il prossimo tratto di viaggio. Gertrude - come aveva detto alla guardia - andò a rifornirsi di erbe, unguenti ed essenze. Roran, Horst e Baldor presero la via del porto, dove speravano di poter noleggiare una nave per trasportare il villaggio nel Surda, o almeno fino a Teirm.

Quando raggiunsero la banchina di legno stagionato che copriva la spiaggia, Roran si fermò per ammirare l'oceano, che era grigio per le nuvole basse e costellato di increspature bianche sollevate da raffiche di vento. Non avrebbe mai immaginato che l'orizzonte potesse essere tanto piatto. Il rimbombo sordo dell'acqua contro i piloni della banchina gli dava la sensazione di stare su un enorme tamburo. L'odore del pesce - fresco, eviscerato, o marcio - sovrastava qualsiasi altro odore.

Spostando lo sguardo da Roran a Baldor, che era ugualmente ammutolito dallo stupore, Horst disse: «Che vista magnifica, eh?»

«Sì» disse Roran.

«Ti fa sentire piccolo, non trovi?»

«Già» disse Baldor.

Horst annuì. «Ricordo che la prima volta che vidi l'oceano mi fece lo stesso effetto.»

«Quando fu?» chiese Roran. Oltre agli stormi di gabbiani che volteggiavano sulla baia, notò uno strano uccello appollaiato sul molo. L'animale aveva il corpo sgraziato e un lungo becco dritto che teneva aderente al petto come un vecchio pomposo, la testa e il collo bianchi, e il torso scuro. Uno degli uccelli alzò il becco, rivelando una borsa di pelle sotto.

«Bartram, il fabbro che c'era prima di me» disse Horst, «morì quando avevo quindici anni, un anno prima della fine del mio apprendistato. Dovevo trovare un fabbro che terminasse il lavoro di un altro, così andai a Ceunon, che si trova sulle rive del Mare del Nord. Lì conobbi Kelton, un vecchio che però sapeva il fatto suo. Acconsentì a insegnarmi.» Horst rise. «Il tempo di finire il mio apprendistato, e non sapevo se dovevo ringraziarlo o mandarlo al diavolo.» «Ringraziarlo, direi» fece Baldor. «Altrimenti, non avresti mai sposato la mamma.»

Roran s'incupì mentre scrutava il lungomare. «Non ci sono molte navi» osservò. Due imbarcazioni erano ormeggiate all'estremità sud del molo, e una terza dalla parte opposta, senza altro in mezzo se non pescherecci e piccoli battelli. Della coppia a sud, una aveva l'albero spezzato. Roran non aveva esperienza di navi, ma a suo avviso nessuna delle imbarcazioni era abbastanza grande da trasportare quasi trecento passeggeri.

Passando da una nave all'altra, i tre scoprirono che erano già tutte ingaggiate. E ci sarebbe voluto oltre un mese per riparare quella con l'albero rotto. L'imbarcazione a fianco, la Solcaonde, era armata di vele di pelle, pronta ad avventurarsi verso nord, diretta alle infide isole dove cresceva la Seithr. E YAlbatros, l'altra nave, era appena arrivata dalla lontana Feinster e doveva aspettare un nuovo calafataggio prima di partire col suo carico di lana. Un portuale rise alle domande di Horst. «Siete arrivati troppo tardi, o troppo presto, dipende dai punti di vista. Le navi che viaggiano in primavera sono arrivate e partite due, tre settimane fa. Fra un altro mese, cominceranno a soffiare i venti da nordovest, e allora torneranno i cacciatori di foche e balene e arriveranno navi da Teirm e dal resto dell'Impero per caricare pelli, carne e olio. Forse allora vi capiterà di ingaggiare un capitano con la stiva vuota. Nel frattempo, non si vede molto traffico da queste parti.»

Disperato, Roran chiese: «Non c'è un altro modo per trasportare merci da qui a Teirm? Non dev'essere necessariamente qualcosa di comodo o veloce.»

«Be'» disse l'uomo, spostando il peso della cassa che portava sulle spalle, «se non dev'essere qualcosa di veloce e dovete arrivare soltanto a Teirm, provate a chiedere a Clovis, laggiù.» Indicò una serie di rimesse fra due moli dove si custodivano le barche. «Possiede alcune chiatte con cui trasporta il grano in autunno. Il resto dell'anno, Clovis fa il pescatore per vivere, come quasi tutti qui a Narda.» Poi si accigliò. «Che tipo di merci avete? Le pecore sono state già tosate, e non ci sono ancora raccolti pronti.»

«Un po' di questo, un po' di quello» disse Horst, lanciando una moneta di rame al lavoratore.

L'uomo intascò la moneta con una strizzatina d'occhio. «Ben detto, signore. Un po' di questo, un po' di quello. Sento puzza di bruciato, ma non dovete aver timore del vecchio Ulric: acqua in bocca! Ci vediamo, signori.» E si allontanò fischiettando.

Continuando a fare domande, scoprirono che Clovis non era al porto. Grazie alle indicazioni ottenute, si diressero verso casa sua, all'altro capo di Narda, dove arrivarono dopo una buona mezz'ora e trovarono Clovis intento a piantare bulbi di iris sul vialetto di accesso. Era un uomo tarchiato con le guance bruciate dal sole e la barba sale e pepe. Impiegarono un'altra ora per convincere il marinaio di essere seriamente interessati alle sue chiatte, malgrado la stagione, e infine tornarono tutti alle rimesse, dove l'uomo aprì il lucchetto delle porte e mostrò loro tre barconi identici, la Merrybell, la Edeline e la Cinghiale Rosso.

Ogni chiatta era lunga settantacinque piedi e larga venti, verniciata di rosso ruggine. Avevano i ponti scoperti che si potevano coprire con la tela cerata, un albero che si poteva innalzare al centro con una singola vela quadra, e una tuga con le cabine sulla parte posteriore dell'imbarcazione, o poppa, come la chiamò Clovis.

«Hanno un pescaggio maggiore rispetto alle chiatte fluviali» spiegò Clovis, «perciò non dovete temere di capovolgervi col mare grosso, anche se sarà meglio evitare una vera tempesta. Queste chiatte non sono fatte per il mare aperto, ma per navigare sotto costa. E questo è il periodo peggiore per prendere il mare. Parola mia, è un mese ormai che scoppia un temporale ogni pomeriggio.»

«Hai un equipaggio per tutte e tre?» chiese Roran.

«Be', sapete... c'è un problema. La maggior parte degli uomini che di solito ingaggio sono partiti settimane fa per la caccia alle foche. Dato che mi servono soltanto dopo il raccolto, sono liberi di andare e venire come vogliono per il resto dell'anno... Sono sicuro che voi gentiluomini comprenderete la mia posizione.» Clovis abbozzò un sorriso, poi fece scorrere lo sguardo da Roran a Horst e a Baldor, come se non sapesse a chi rivolgersi.

Roran percorse tutta la lunghezza della Edeline, in cerca di danni. La chiatta era vecchia, ma il legno era sano e la vernice fresca. «Se rimpiazziamo gli uomini dell'equipaggio che mancano, quanto ci verrà a costare arrivare a Teirm con tutte e tre le chiatte?»

«Dipende» rispose Clovis. «I marinai guadagnano quindici monete di rame al giorno, più il cibo e una razione di whisky. Quello che guadagnano i vostri uomini è affar vostro. Non li metto sulla mia lista paga. Di norma, assumo anche delle guardie per ciascuna chiatta,

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