Volodyk - Paolini3-Brisingr
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Quando ritenne di essere presentabile, indossò la tunica fresca di bucato e s'infilò il martello nella cintura; stava per riattraversare l'accampamento quando si accorse che Brigit lo fissava da dietro la tenda. La donna stringeva con tutte e due le mani un fodero col pugnale.
Roran s'impietrì, pronto a brandire il martello alla minima provocazione. Sapeva di essere in mortale pericolo e malgrado il proprio ardimento, non era sicuro di poter battere Brigit se lei lo avesse aggredito perché, come lui, anche la donna inseguiva i propri nemici con feroce determinazione. «Una volta mi hai chiesto di aiutarti» disse Brigit «e io ho accettato perché volevo trovare i Ra'zac e ucciderli per aver divorato mio marito. Non ho forse tenuto fede al patto?»
«Sì.»
«E ricordi che ho promesso che una volta morti i Ra'zac avrei preteso da te il mio risarcimento per il ruolo che hai avuto nella morte di Quimby?»
«Ricordo.»
Brigit strinse il fodero ancora più forte, tanto che i tendini le affiorarono in rilievo sul dorso delle mani. Il pugnale uscì dal fodero di un pollice intero, mostrando il lucido acciaio, poi lentamente tornò al buio. «Bene» disse lei. «Non voglio che la memoria ti tradisca. Perché io avrò il mio risarcimento, Garrowsson. Stanne certo.» E con passo rapido e fermo si allontanò, il pugnale nascosto fra le pieghe dell'abito.
Con un gran sospiro, Roran sedette su uno sgabello e si massaggiò la gola, convinto di essere sfuggito per un pelo alla lama di Brigit. La sua visita lo aveva allarmato ma non sorpreso: conosceva le sue intenzioni da parecchi mesi, fin da prima che fuggissero tutti da Carvahall, e sapeva che un giorno avrebbe dovuto saldare il suo debito con lei.
Un corvo passò alto sopra di lui; seguendone il volo, Roran si sentì risollevare il morale e sorrise. «Bene» si disse. Di rado a un uomo capita di sapere il giorno e l'ora in cui morirà. Potrei essere ucciso in qualsiasi momento, e non posso farci niente. Quello che accadrà accadrà, e non perderò il tempo che mi resta a rimuginarci sopra. Le disgrazie capitano sempre a quelli che le aspettano. Il trucco è trovare la felicità nei brevi intervalli fra un disastro e l'altro. Brigit farà quello che la coscienza le suggerisce, e io ci penserò quando verrà il momento.
Accanto al piede sinistro scorse un ciottolo giallastro che raccolse e si rigirò fra le dita. Concentrandosi al massimo, disse: «Stenr rïsa.» La pietra ignorò il suo comando e rimase immobile fra il pollice e l'indice. Roran sbuffò e la scagliò lontano.
Si alzò e si avviò di nuovo tra le file di tende. Mentre camminava, con un dito cercava di allentare un nodo che gli stringeva troppo il colletto, ma quello resisteva ai suoi sforzi, e alla fine si arrese quando arrivò alla tenda di Horst, grande il doppio delle altre. «Salve a tutti» disse, e batté sul palo fra i due lembi dell'ingresso.
Katrina uscì di corsa dalla tenda, con i capelli ramati al vento, e si gettò fra le sue braccia. Ridendo, Roran la prese per la vita e la fece girare in tondo. Il resto del mondo divenne una macchia nebulosa intorno allo splendore del suo viso. La depose a terra con delicatezza, e Katrina lo baciò sulle labbra, una, due, tre volte. Paralizzato dalla gioia, Roran la guardò dritto negli occhi, sentendosi più felice di quanto non fosse mai stato.
«Sai di buono» disse lei.
«Come va?» L'unica ombra nella gioia di Roran era vedere quanto la prigionia avesse lasciato Katrina pallida e smunta. Avrebbe voluto resuscitare i Ra'zac per far patire loro le stesse sofferenze che avevano inflitto a lei e a Garrow.
«Me lo chiedi ogni giorno, e ogni giorno ti rispondo: "Meglio." Abbi un po' di pazienza; mi riprenderò, ma ci vuole tempo... Il miglior rimedio per la mia condizione è stare con te sotto il sole. Mi fa più bene di quanto tu possa immaginare.»
«Non era questo che intendevo.»
Le guance di Katrina si colorarono di rosso, e lei gettò indietro la testa, le labbra arricciate in un sorrisetto malizioso. «Mio signore, sei audace. Un vero sfacciato, direi. Non sono sicura di voler restare da sola con te, per paura che tu ti prenda certe libertà.»
La risposta scherzosa placò le preoccupazioni di Roran. «Libertà, dici? Be', dato che mi consideri già una canaglia, mia signora, forse potrei prendermi un paio di quelle libertà.» E la baciò a lungo, finché non fu lei a sottrarsi, pur restando avvinta a lui. «Oh» disse Katrina, senza fiato. «Sei un uomo difficile da respingere, Roran Fortemartello.»
«Già.» Facendo un cenno col capo verso la tenda alle spalle di Katrina, Roran abbassò la voce e chiese: «Elain lo sa?»
«L'avrebbe già capito se non fosse così presa dalla sua gravidanza. Credo che la tensione accumulata nel viaggio da Carvahall possa farle rischiare di perdere il bambino. Ha le nausee quasi tutto il giorno e dei dolori che... be', non sono normali. C'è Gertrude a prendersi cura di lei, ma non può fare molto per alleviare la sua pena. Prima Eragon ritorna, meglio sarà per tutti. Non so per quanto tempo ancora potrò mantenere il segreto.»
«Ce la farai, ne sono certo.» Roran si sciolse dall'abbraccio e tirò l'orlo della tunica per lisciare le grinze. «Come sto?»
Katrina lo studiò con occhio critico, poi si inumidì la punta delle dita e gliele passò fra i capelli, scoprendogli la fronte. Notando il nodo ingarbugliato del colletto, prese ad allentarlo, dicendo: «Dovresti fare più attenzione a come ti vesti.»
«I vestiti non hanno mai cercato di uccidermi.»
«Be', le cose stanno in modo diverso, adesso. Sei il cugino di un Cavaliere dei Draghi, e dovresti fare la tua parte. La gente se lo aspetta.»
Roran le permise di lisciarlo e sistemarlo finché non fu soddisfatta del suo aspetto. Le diede un bacio di commiato, poi s'incamminò per mezzo miglio verso il centro dell'enorme accampamento dei Varden, dove si ergeva il padiglione rosso di Nasuada. Lo stendardo montato in cima, con lo scudo nero e due spade incrociate sotto, sventolava schioccando nel tiepido vento dell'est.
Le sei guardie fuori dal padiglione - due umani, due nani e due Urgali - incrociarono le armi quando Roran si avvicinò, e uno degli Urgali, un colosso dall'aria ferina e dalle zanne gialle, lo bloccò dicendo: «Chi va là?» Il suo accento era quasi incomprensibile.
«Roran Fortemartello, figlio di Garrow. Nasuada mi ha mandato a chiamare.»
Battendosi il pugno sul pettorale, che emise un forte clangore metallico, l'Urgali annunciò: «Roran Fortemartello chiede udienza, Lady Furianera.»
«Fallo entrare» rispose lei da dentro.
I guerrieri alzarono le armi e Roran passò in mezzo, circospetto. Loro lo fissarono e lui ricambiò l'occhiata con l'aria di chi è pronto a combattere.
Dentro il padiglione, Roran si allarmò nel vedere gran parte dei mobili rovesciati o distrutti. Gli unici che sembravano intatti erano uno specchio montato su un'asta e il grande scranno su cui era seduta Nasuada. Senza fare commenti, Roran posò un ginocchio a terra e chinò il capo.
L'aspetto e il portamento di Nasuada erano così diversi da quelli delle donne con cui Roran era cresciuto che il giovane uomo non sapeva come comportarsi. Aveva un che di singolare e maestoso, con il lungo abito ricamato e le catenelle d'oro intrecciate nei capelli, e la pelle scura che in quel momento aveva una sfumatura rossastra dovuta al colore del tessuto delle pareti. In netto contrasto con il resto, aveva gli avambracci fasciati di candide bende, testimonianza dello straordinario coraggio che aveva dimostrato alla Prova dei Lunghi Coltelli. La sua impresa era stata l'argomento principale delle conversazioni dei Varden fin da quando Roran era tornato con Katrina. Era uno dei pochi aspetti di lei che Roran sentiva di capire, perché anche lui sarebbe stato disposto a qualunque sacrificio pur di proteggere coloro che amava. Era solo un caso che lei avesse a cuore migliaia di persone, mentre lui voleva proteggere la sua famiglia e il suo villaggio.
«Prego, alzati» disse Nasuada. Lui fece come richiesto e posò la mano sulla testa del martello, mentre aspettava che lei lo osservasse. «La mia posizione mi consente di rado il lusso di parlare in modo diretto, Roran, ma oggi con te sarò franca. Mi sembri un uomo che apprezza la sincerità, e abbiamo tante cose di cui parlare e poco tempo a disposizione.»
«Ti ringrazio, mia signora. Non mi sono mai piaciuti i giri di parole.»
«Perfetto. E allora, per essere franca, ti dirò che mi hai messa di fronte a due problemi che non so come risolvere.»
Roran si accigliò. «Che genere di problemi?»
«Uno riguarda il carattere, l'altro è di natura politica. Le tue gesta nella Valle Palancar e poi durante la fuga con i tuoi compaesani sono a dir poco incredibili. Mi inducono a pensare che tu sia dotato di una mente brillante, e sia abile a combattere, a elaborare strategie, capace di indurre la gente a seguirti con indiscutibile lealtà.»
«Mi hanno seguito, certo, ma non hanno mai smesso di discutere.»
Un lieve sorriso le increspò le labbra. «Può darsi. Ma sono ancora tutti qui, non è vero? Roran, tu possiedi doti molto preziose per i Varden. Posso supporre che tu desideri metterle al nostro servizio?»
«Certo.»
«Come sai, Galbatorix ha diviso il suo esercito e ha inviato delle truppe a sud per dare man forte alla città di Arughia, a ovest verso Feinster, e a nord verso Belatona. Spera di prolungare la guerra nel tentativo di prosciugare le nostre forze attraverso piccole scaramucce. Io e Jörmundur non possiamo essere in una decina di posti diversi nello stesso momento. Abbiamo bisogno di capitani che possano occuparsi della miriade di scontri che scoppiano ovunque intorno a noi. È in questo frangente che potresti dimostrarci quanto vali. Ma...» La sua voce si spense.
«Ma non sai ancora se puoi fidarti di me.»
«Giusto. Proteggere gli amici e la famiglia è una cosa, ma come ti comporteresti senza di loro? Ti reggeranno i nervi? E pur sapendo comandare, saprai anche obbedire agli ordini? Non voglio sminuire il tuo valore, Roran, ma qui è in gioco il futuro di Alagaësia, e non posso rischiare di porre un incompetente a capo dei miei uomini. Questa guerra non perdona certi errori. Né sarebbe giusto, nei confronti degli uomini che sono fra i Varden da molto più tempo, darti il comando su di loro senza una giusta ragione. Devi meritare il tuo incarico.»
«Capisco. Che cosa vuoi che faccia, allora?»
«Ah, purtroppo non è così semplice, perché tu ed Eragon siete come fratelli, e questo complica le cose. Sono sicura che capisci benissimo che Eragon è la chiave di volta delle nostre speranze. È importante quindi proteggerlo da qualsiasi distrazione affinché si concentri sul compito che lo aspetta. Se ti mando in battaglia e tu muori, il dolore e la rabbia potrebbero sconvolgerlo. L'ho già visto succedere. Per giunta, devo stare molto attenta a chi ti pongo accanto, perché ci sono persone che cercheranno di influenzarti proprio per la tua parentela con Eragon. Perciò adesso hai un'idea abbastanza precisa della portata delle mie preoccupazioni. Hai qualcosa da dire in merito?»
«Se il mondo stesso è in gioco e la guerra imperversa in ogni angolo del paese come tu sostieni, allora dico che non puoi permetterti di lasciarmi da parte. E usarmi come soldato semplice sarebbe uno spreco di risorse. Ma questo già lo sai. Quanto alla politica...» Roran si strinse nelle spalle. «Non m'importa un accidente di chi mi metti accanto. Nessuno potrà arrivare a Eragon usandomi. Il mio unico obiettivo è sconfiggere l'Impero affinché la mia gente e la mia famiglia possano tornare a casa e vivere in pace.»
«Sei molto deciso.»
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