Volodyk - Paolini3-Brisingr
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«Già. Non potresti farmi restare a capo degli uomini di Carvahall? Ci consideriamo tutti una grande famiglia, e lavoriamo bene insieme. Mettimi alla prova in questo modo, così i Varden non ne subiranno le conseguenze, se dovessi fallire.»
Nasuada scosse la testa. «No. In futuro, forse, ma non ancora. Hanno bisogno di un addestramento adeguato e non posso giudicare il tuo rendimento se sei circondato da uomini così fedeli da aver abbandonato le loro case e attraversato tutta Alagaësia su tua richiesta.»
Mi considera una minaccia, pensò Roran. La mia capacità di influenzare i miei compaesani la rende diffidente. Nel tentativo di tranquillizzarla, disse: «I miei compagni hanno avuto solo il buonsenso a guidarli. Sapevano che era una follia restare nella valle.»
«Non puoi spiegare così facilmente il loro comportamento, Roran.»
«Cosa vuoi da me, signora? Vuoi che ti serva oppure no? E se sì, come?»
«Questa è la mia offerta. Stamattina i miei stregoni hanno individuato una pattuglia di ventitré soldati di Galbatorix diretta a est. Sto per mandare un contingente agli ordini di Martland Barbarossa, conte di Thun, per distruggerli e nel contempo esplorare il territorio. Se sei d'accordo, servirai sotto Martland. Lo ascolterai, gli obbedirai e, si spera, imparerai da lui. Lui, a sua volta, ti osserverà e mi farà rapporto giudicando se sei adatto o meno a una promozione. Martland è un guerriero molto esperto, e mi fido della sua opinione. Ti pare un'offerta ragionevole, Roran Fortemartello?»
«Sì. Solo... quando dovrei partire, e per quanto tempo starò via?» «Dovresti partire oggi stesso e tornare nel giro di due settimane.»
«Allora sono costretto a chiederti se puoi aspettare e mandarmi con un'altra spedizione fra qualche giorno. Mi piacerebbe essere qui quando Eragon ritorna.»
«L'affetto che nutri per tuo cugino è ammirevole, ma gli eventi si susseguono in fretta e non possiamo permetterci indugi. Non appena saprò che fine ha fatto Eragon, chiederò a un membro del Du Vrangr Gata di cercarti per riferirti le notizie, buone o cattive che siano.»
Roran strofinava il pollice sullo spigolo aguzzo del martello mentre cercava di trovare una risposta che convincesse Nasuada a cambiare idea e nel contempo non lo costringesse a rivelare il proprio segreto. Alla fine capì che era impossibile e si rassegnò a dirle la verità. «Hai ragione. Sono preoccupato per Eragon, ma lui più di chiunque altro sa badare a se stesso. Vederlo sano e salvo non è l'unico motivo per cui voglio restare.»
«Perché allora?»
«Perché Katrina e io vogliamo sposarci, e ci piacerebbe che fosse Eragon a celebrare la cerimonia.»
Risuonò una rapida serie di ticchettii quando Nasuada cominciò a tamburellare con le unghie sui braccioli dello scranno. «Se credi che ti permetterò di ciondolare da queste parti mentre potresti essere di grande aiuto per i Varden solo perché tu e Katrina possiate godervi la vostra prima notte di nozze con qualche giorno di anticipo, allora ti sbagli di grosso.»
«È una questione piuttosto urgente, Lady Furianera.»
Le dita di Nasuada si fermarono a mezz'aria, e i suoi occhi si ridussero a due fessure. «Urgente quanto?»
«Prima ci sposiamo, meglio sarà per l'onore di Katrina. Se un po' mi conosci, sai che non ti chiederei mai un favore per me stesso.»
Nasuada inclinò la testa da un lato. «Capisco... Ma perché Eragon? Perché vuoi che sia lui a celebrare la cerimonia? Perché non qualcun altro, magari un membro anziano del tuo villaggio?»
«Perché è mio cugino e gli voglio bene, e perché è un Cavaliere. Katrina ha perso tutto per colpa mia... la casa, suo padre e la sua dote. Non posso rimpiazzare queste cose, ma voglio almeno regalarle una cerimonia di nozze degna di essere ricordata. Senza oro o bestiame, non posso pagare per un matrimonio sfarzoso, perciò devo trovare altri mezzi per rendere memorabili le nostre nozze, e mi pare che non ci sia niente di più grandioso che avere un Cavaliere dei Draghi che ci sposa.»
Nasuada rimase in silenzio così a lungo che Roran cominciò a chiedersi se era un segno di congedo. Poi: «Sarebbe certo un grande onore farsi celebrare il matrimonio da un Cavaliere dei Draghi, ma sarebbe una giornata triste per Katrina se dovesse accettare la tua mano senza una dote adeguata. I nani mi hanno ricoperta di oro e gioielli quando vivevo a Tronjheim. Alcuni li ho usati per finanziare i Varden, ma quello che mi resta basta ancora ad abbigliare una donna di raso e visone per molti anni a venire. Saranno di Katrina, se sei d'accordo.»
Stupefatto, Roran s'inchinò di nuovo. «Ti ringrazio. La tua generosità è commovente. Non so come potrò mai ripagarti.»
«Ripagami combattendo per i Varden come hai combattuto per Carvahall.»
«Lo farò, te lo giuro. Galbatorix maledirà il giorno che ha mandato i Ra'zac a cercarmi.»
«Sono sicura che lo sta già facendo. Ora vai. Potrai restare all'accampamento fino a quando Eragon non tornerà e celebrerà le tue nozze con Katrina. Ma mi aspetto di vederti già in sella il mattino dopo.»
♦ ♦ ♦
LUPO DI SANGUE
Che uomo fiero, pensò Nasuada guardando Roran uscire dal padiglione. Interessante: lui ed Eragon sono simili sotto molti aspetti, eppure sono diversi nel profondo. Eragon sarà anche uno dei più micidiali guerrieri di Alagaësia, ma non e una persona dura o crudele. Roran invece è tenace e inflessibile. Spero che non si metta mai sulla mia strada: sarei costretta a distruggerlo per fermarlo.
Controllò le bende e, soddisfatta che fossero ancora fresche e pulite, suonò la campanella per ordinare a Farica di servirle il pranzo. Dopo che la cameriera le ebbe portato il vassoio col cibo e si fu ritirata nella propria tenda, Nasuada fece un cenno a Elva, che emerse dal suo nascondiglio dietro il pannello in fondo al padiglione. Insieme condivisero il pasto di mezzogiorno.
Nasuada passò le due ore seguenti controllando gli ultimi rapporti sull'inventario dei Varden, calcolando il numero di convogli di carri necessari a spostare i Varden più a nord, sommando e sottraendo cifre che rappresentavano le finanze del suo esercito. Inviò messaggi ai nani e agli Urgali, ordinò ai fabbri di aumentare la produzione di punte di lancia, minacciò il Consiglio degli Anziani di scioglimento - come faceva quasi ogni settimana - e si occupò degli altri affari dei Varden. Poi, con Elva al fianco, balzò in sella al suo stallone Tempesta e andò a trovare Trianna, che aveva catturato un membro della rete di spionaggio di Galbatorix, la Mano Nera, e lo stava interrogando.
Mentre lasciava la tenda di Trianna insieme a Elva, Nasuada sentì un trambusto provenire da nord. Acclamazioni e grida di esultanza; poi un uomo emerse dalla foresta di tende, correndo verso di lei. Senza dire una parola, le guardie le formarono intorno un muro compatto, tranne un Urgali che si piazzò sul percorso dell'uomo, con la clava alzata. L'uomo rallentò fino a fermarsi e, ansante, gridò: «Lady Nasuada! Gli elfi sono qui! Gli elfi sono arrivati!»
Per un folle, improbabile momento, Nasuada pensò che intendesse la regina Islanzadi e il suo esercito, poi ricordò che Islanzadi era dalle parti di Ceunon: nemmeno gli elfi potevano spostare un intero esercito attraverso tutto il territorio di Alagaësia in meno di una settimana. Devono essere i dodici maghi che Islanzadi ha mandato per proteggere Eragon.
«Presto, il mio cavallo» disse, facendo schioccare le dita. Le braccia le bruciarono quando montò Tempesta. Aspettò che l'Urgali più vicino sollevasse Elva per farla montare in sella con lei, poi diede di sprone al destriero. I muscoli dell'animale scattarono come molle quando lei lo spinse al galoppo. China sul collo dell'animale, Nasuada lo guidò lungo un viale sterrato tra due file di tende, schivando uomini e bestie, saltando sopra un barile che le sbarrava la strada. Gli uomini non parvero prendersela, anzi, risero, e la inseguirono per vedere anche loro gli elfi con i propri occhi.
Quando arrivarono all'ingresso settentrionale dell'accampamento, Nasuada ed Elva scesero da cavallo e scrutarono l'orizzonte.
«Eccoli» disse Elva, puntando il dito.
A quasi due miglia di distanza, dodici figure alte e snelle emersero da un boschetto di ginepri, le sagome tremolanti nella calura del pomeriggio. Gli elfi correvano tutti insieme, così leggeri e veloci che i loro piedi non alzavano polvere, dando l'impressione che fluttuassero a mezz'aria. Nasuada si sentì formicolare la nuca; la loro velocità era affascinante, ma anche innaturale. Le ricordarono un branco di predatori che insegue una preda. Provò lo stesso senso di pericolo di quando aveva avvistato uno Shrrg, un lupo gigante, sui Monti Beor.
«Spettacolo intrigante, eh?»
Nasuada trasalì nel vedere Angela accanto a sé. La seccava e la turbava come l'erborista riuscisse sempre a comparire al suo fianco senza farsi notare. Elva avrebbe dovuto avvertirla del suo arrivo. «Come fai a essere sempre presente quando capita qualcosa di interessante?»
«Oh, be', mi piace sapere cosa succede, e trovarmi sul posto è molto più rapido che aspettare che qualcuno mi racconti dopo cosa è accaduto. La gente tende a tralasciare dettagli importanti, tipo se una persona ha l'anulare più lungo dell'indice, o se ha uno scudo magico a proteggerla, o se il mulo che cavalca ha sulla fronte una macchia a forma di testa di gallo. Non sei d'accordo anche tu?»
Nasuada aggrottò le sopracciglia. «Non riveli mai i tuoi segreti, non è vero?»
«A che scopo? Tutti si ecciterebbero per un incantesimo da quattro soldi e poi dovrei passare ore e ore a spiegarlo, e alla fine re Orrin vorrebbe la mia testa e dovrei sconfiggere metà dei vostri stregoni per fuggire. Non ne vale la pena, credo.»
«La tua risposta non ispira fiducia. Ma...»
«Questo perché sei troppo seria, Lady Furianera.»
«Ma dimmi» insistette Nasuada, «perché vorresti sapere se qualcuno cavalca un mulo con una macchia a forma di testa di gallo?»
«Ah, quello. Be', l'uomo che possiede quel mulo ha barato a una partita di astragali, vincendomi tre bottoni e una scheggia piuttosto interessante di cristallo fatato.»
«Ha imbrogliato te?»
Angela arricciò le labbra, con evidente fastidio. «Gli astragali erano truccati. Al momento opportuno li ho scambiati, ma lui deve averli scambiati di nuovo con i suoi mentre ero distratta... Non so ancora bene come ci sia riuscito.»
«Perciò avete barato entrambi.»
«Era un cristallo preziosissimo! E poi come si fa a imbrogliare un imbroglione?»
Prima che Nasuada potesse rispondere, i sei Falchineri arrivarono trafelati dall'accampamento e presero posizione intorno a lei. Nasuada nascose il suo disgusto quando il calore e l'odore che emanavano la investirono. Il fetore dei due Urgali era particolarmente acre. Poi, con sua sorpresa, il capitano di quel turno di guardia, un uomo tarchiato dal naso adunco che si chiamava Garven, le si accostò. «Mia signora, posso scambiare due parole con te in privato?» Parlò a denti stretti, come se si stesse sforzando di contenere una violenta emozione.
Angela ed Elva guardarono Nasuada, in attesa di un suo cenno che indicasse loro di allontanarsi. Lei annuì, e le due si avviarono verso il fiume Jiet. Quando fu certa che non erano più a portata d'orecchio, Nasuada cominciò a parlare, ma Garven la interruppe esclamando: «Dannazione, Lady Nasuada, non avresti dovuto lasciarci indietro!»
«Calmati, capitano» rispose lei. «Non c'era alcun rischio e volevo arrivare qui in tempo per accogliere gli elfi.»
La maglia di ferro risuonò forte quando Garven si colpì la coscia con un pugno. «Alcun rischio? Nemmeno un'ora fa hai avuto la prova che Galbatorix ha ancora agenti fra di noi. Continua a infiltrare spie, e tu ritieni opportuno abbandonare la tua scorta e cavalcare in un'orda di potenziali assassini come se niente fosse! Hai dimenticato l'agguato ad Aberon, o come i Gemelli hanno ucciso tuo padre?»
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