Casas Pérez Carlos - Il Bargello

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Casas Pérez Carlos - Il Bargello краткое содержание

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Una storia di odio e compassione ambientato tra i più umili nella Spagna medievale. Aragona, inverno del 1134.  Estranei al succedersi di re e corone, gli abitanti dei villaggi vivono le loro semplici vite. L’inverno non porta solo il freddo e la fame, ma anche la morte. Un gruppo di infami briganti, conosciuti come “gli albari”, si è accampato nei pressi di Lacorvilla e progetta di attaccare il villaggio.  Sancho il Nero è un povero carbonaio che cerca di sopravvivere meglio che può. Non condivide l’entusiasmo dei suoi compaesani all’idea di seguire il bargello nella lotta contro gli albari; non crede nella vittoria né nell’uomo che ha giustiziato suo padre. L’odio è reciproco, sono anni ormai che il bargello cerca un modo di scacciare il carbonaio dal paese. A qualunque prezzo.  Nel bel mezzo di questa lotta per la sopravvivenza, un misterioso cavaliere arriverà al villaggio proclamandosi eroe e salvatore delle sorti del villaggio, ma in realtà vuole appropriarsi di quello a cui alcuni tengono di più. Cosa succederà quando scopriranno le sue intenzioni? Come andrà con i briganti? E quale sarà il ruolo delle donne, decise a non restare nell’ombra?

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Jimeno sapeva bene di cosa stesse parlando l'oste. I pettegolezzi erano

molto pericolosi per la reputazione di un uomo. Ancora di più per una donna. Non si era mai abbastanza prudenti nel parlare o nell'agire. Tutto poteva essere... interpretato.

Finì di bere e appoggiò delicatamente il bicchiere sul bancone di legno.

Chiese l’altro mezzo bicchiere di sidro. Bermudo si avvicinò al barile; passando vicino al braciere si accorse che si stava spegnendo e si fermò ad aggiungere un po' di carbone per ravvivare il fuoco.

Il carbone del Nero.

Bermudo, senza neanche pulirsi le mani, riempì di nuovo il bicchiere fino a metà. Un po' meno, notò il bargello, ma lasciò correre.

"Quindi, denari non ne perde..". indagò. Bermudo negò con la mano e non disse altro. Lasciò il sidro davanti a Jimeno e si avvicinò di nuovo al braciere. Con le dita aveva lasciato un paio di impronte nerastre intorno al bordo del bicchiere. "E tu?" gli chiese accompagnando la domanda con un sorriso, perché sapeva che stava forzando la situazione.

"Io non gioco più. Ho perso molto denaro quando ero giovane, me lo potevo permettere perché per un soldato c'era sempre il bottino" ricordò con un sorriso, mostrando i due buchi nella mandibola sinistra. Il colpo di una mazza ferrata. "Ma adesso non sono in grado di andare in guerra e non intendo rischiare quello che possiedo giocando ai dadi o alle carte".

Jimeno si chiese fino a che punto il buon senso nascondesse la paura.

Bermudo era ancora un uomo forte. Guerriero formidabile tempo addietro, era stato ferito gravemente e aveva abbandonato la vita del soldato. Con il denaro messo da parte aveva costruito quella taverna che era la sua unica fonte di sostentamento, e aveva lasciato che il suo corpo aumentasse di volume a causa di una vita inattiva.

Il bargello era diverso, aveva ancora delle aspirazioni. La guerra poteva fare grandi cose per un uomo e lui non era disposto a lasciare le armi.

Voleva di più, anche se non sapeva esattamente cosa.

Guardò l'oste.

"Credevo che i vecchi guerrieri non fossero mai abbastanza vecchi".

"L'anca..". si lamentò Bermudo, "ormai non posso più montare a cavallo.

Ma non avrò problemi a spiccare qualche testa, se ne avrò l'occasione. In un sol colpo" puntualizzò.

E mentre parlava mostrò l'arma che teneva sotto il bancone.

Era un'ascia d'arme, di quelle che chiamano 'ferrate' perché interamente in ferro, abbastanza pesante da assestare colpi potenti ma abbastanza piccola da poter essere brandita da un uomo a cavallo. Sul lato opposto alla lama presentava uno spuntone usato per colpire le armature dei nemici.

"È ancora affilata?"

Bermudo assentì con orgoglio.

"Speri di averla a tua disposizione quando ci scontreremo con gli albari?"

Il bargello sorrise, si scolò l'ultimo goccio rimasto nel bicchiere e lasciò cadere una moneta sul bancone. Prese la cuffia e i guanti, si aggiustò la cintura e si diresse all'uscita.

Quando si trovava già sulla soglia Bermudo gli disse:

"Il Nero è un tipo coraggioso. È un dato di fatto". Jimeno si girò verso l'oste e con un cenno gli fece capire che non sapeva di cosa stesse parlando.

"Forse proprio in questo momento sta pensando di andare alla Carbonera , anche se ci sono gli albari. È l'unico luogo dove c'è qualcosa che può considerare veramente suo" disse con il viso serio. "Lavora duramente, fa il carbone. Poi, con la sua abilità con le parole, ce lo vende. È un tipo sveglio. Qui tutti bruciamo il suo carbone. Puoi sentirne l'odore ad ogni passo, per le strade del villaggio. È come se avessi sempre un braciere sotto il naso".

"Non capisco..". cominciò Jimeno prima di essere interrotto dall'oste.

"È l'unico in paese che si rallegra se l'inverno è così freddo che le palle ti si incollano alle gambe. E non è che sia meschino" spiegò. "è che se non

facesse freddo, Sancho non avrebbe modo di tirare avanti. E nemmeno García, suo figlio, che è un bravo giovane. Se gli albari sono alla Carbonera , non c'è alcun modo per il Nero di fare il carbone da vendere"

spiegò guardando fisso il bargello. "Senza carbone niente denari, e niente cibo. E il Nero muore. Lui lo sa" continuò, "questo è certo. Eppure, ritiene che sia meglio aspettare che dei veri soldati si occupino di quei briganti bianchi" rifletté battendo sul bancone con le nocche. Alzò gli occhi verso il bargello. "Mi fido più del giudizio di un poveraccio coraggioso che fa prevalere il buonsenso alla fame che di un bargello, anch'egli valoroso, che dà per scontato che una banda di contadini potrà far fronte a guerrieri di lungo corso".

Jimeno fece schioccare la lingua. Era seccato al pensiero di essere l'unico in paese a credere veramente che la sua gente avrebbe potuto farsi valere da sé.

Sguainò la spada e la mostrò a Bermudo. Metallo di qualità. Ben affilata.

"Io non sono nato sapendo già impugnare una spada. Mio padre me le ha date con una di queste finché ho avuto più lividi che pelle. E man mano che guarivano, io diventavo più abile e beccavo meno botte. Con il tempo, fu lui che cominciò a lamentarsi dei dolori" dichiarò orgoglioso. "È la pratica a fare il maestro".

Jimeno ruotò la lama facendola luccicare e la rinfoderò. Resse lo sguardo dell'oste.

Io insegnerò loro a combattere. Spada, scure e mazza. Ci eserciteremo fino a quando non ce la faranno più. In due giorni saranno migliorati abbastanza da rendersene conto loro stessi. E al crescere dell'abilità aumenterà anche la fiducia. Non saranno diventati dei bravi soldati, ma saranno buoni per combattere.

Bermudo sapeva bene quali fossero i pensieri del bargello.

"Guarda, Jimeno, ti dirò una cosa" lo avvertì appoggiandosi al bancone.

"Non riuscirai a reclutare truppe per le guerre future. Quelli del villaggio non sono buoni per fare i soldati. Tre o quattro al massimo. Gli altri sono

contadini dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi: non saprebbero lottare neanche se glielo insegnassi tu personalmente. L'unica cosa che potresti ottenere mandandoli contro gli albari sarebbe farli ammazzare. No"

tagliò corto mentre prendeva la scopa e usciva da dietro il bancone per spazzare il pavimento del suo locale. Il vecchio oste non sembrava proprio un guerriero. "Se non dovessero venire, non andare a caccia di problemi.

Chiedi aiuto al re o a chi vuoi tu. Proteggi la tua gente dagli albari e non li coinvolgere. Non ne vale la pena. Accontentati della vita che hai. Dedicati a coltivare la terra, carote, fagioli, cipolle, qualsiasi cosa. Non sei poi così giovane come credi" aggiunse stancamente. "Basta con le avventure. Fai altri cinque figli e lascia che combattano loro, se lo vorranno. Non siamo più quelli di una volta".

*****

A metà pomeriggio, Jimeno pensò di aver ormai assolto la missione che si era dato fatta di discorsi, spiegazioni e promesse di successo. Da quando aveva fatto sentire la sua voce alla taverna, i compaesani erano venuti da lui in cerca di altri dettagli su quello che intendeva fare. Di quanti uomini abbisognava? In che modo intendeva addestrarli? Avrebbe consentito loro di portare le armi in paese? Don Yéquera li avrebbe accolti nel suo castello? In che modo sarebbe stato riconoscente per il servizio reso?

Avrebbero ricevuto il soldo?

Il bargello era stato felice di constatare che nessuno più gli chiedeva quanti fossero gli albari e se fossero davvero pericolosi. Molti erano entusiasti all'idea di combattere. Erano ansiosi di raggiungere Yéquera. E anche Jimeno lo era.

Tuttavia, aveva accettato il consiglio di Bermudo e aveva fatto scrivere a suo cognato una lettera per il re in cui chiedeva aiuto, anche se non aveva molte speranze di ricevere una risposta soddisfacente. O anche solo una risposta.

Alla fine, i preparativi avevano richiesto più tempo del previsto; quando infine percorse insieme al figlio minore la discesa che portava alla Fontana

Nuova, l'ora meridiana era ormai passata. I raggi del sole che tramontava a ovest illuminavano la moltitudine accorsa vicino a casa del fornaio. Il viaggio aveva suscitato grandi aspettative e sembrava che mezzo paese si fosse dato appuntamento per vederli partire.

Fermarono i cavalli e osservarono la gente lì riunita.

"Quanta gente!" esclamò Ramiro, evidentemente sorpreso. "Credo che i vicini siano dalla vostra parte, padre".

"Non perdere tempo a chiacchierare con loro" ordinò Jimeno al figlio, smorzando il suo entusiasmo. "Dobbiamo partire al più presto".

"Sì, padre" rispose obbediente mentre spronava il cavallo per non fermarsi.

Jimeno vide suo figlio avvicinarsi baldanzoso al gruppo di compaesani e si concesse un sorriso orgoglioso, vedendo come la gente lo guardava.

La maggior parte degli abitanti del villaggio indossava una camicia e delle braghe. Alcuni avevano una giubba e la maggior parte di loro si proteggeva dal freddo con una ruvida cappa di lana. Ramiro invece indossava un'elegante tunica color verde chiaro a maniche lunghe, ottimi stivali da monta del miglior cuoio che si fosse visto in paese e un mantello con la chiusura d'argento. I capelli neri erano coperti da un basco rosso, simile a quello usato dai nobili della Navarra.

"Ecco qui un bel signorino" aveva detto Arlena dopo avergli sistemato il mantello sulle spalle. "Al cospetto di don Yéquera comportati con educazione. Dimostra che sei un gentiluomo e non limitarti a sembrarlo".

Sua madre si era data molto da fare affinché Ramiro si distinguesse dai villici che sarebbero andati a incontrare il signore del castello.

Il piano di Jimeno prevedeva che i suoi figli facessero visita a don Yéquera; l'allegria della gioventù era quel che c'era di meglio per far tornare le forze a un vecchio. Desiderava che l'anziano cavaliere si sentisse a suo agio con i ragazzi mentre Jimeno esaminava l'arsenale del castello. Se quello che conteneva fosse stato di suo gradimento avrebbe fatto richiesta di poterlo portare con sé per addestrare i villici; lo avrebbe portato via comunque. E

don Yéquera avrebbe accettato molto più facilmente di cedere le sue armi se fosse stato di buon umore.

Arlena non dimenticava neanche per un attimo quello che era successo a suo figlio Alfonso, e per andare al castello non si poteva non passare nelle vicinanze della Carbonera . Aveva accettato obtorto collo che Ramiro accompagnasse il padre, e solo dopo che Jimeno le aveva giurato più e più volte che non avrebbe permesso che a suo figlio accadesse niente di male.

Qualcuno alle sue spalle si schiarì la voce e Jimeno vide dietro di sé sua sorella a cavallo di Roccia. Il mulo non sembrava felice di avere Jimena in groppa. E nemmeno quelle grosse bisacce.

"Vieni al castello?" chiese Jimeno, indicando le bisacce.

"No, è solo che avevo voglia di fare un giretto su questo mulo puzzolente"

sospirò rassegnata mentre si risistemava sulla cavalcatura. "Ho parlato un po' con tua moglie. Abbiamo preparato una torta per don Yéquera, qualche liquore e della biancheria, di ottima qualità naturalmente". spiegò.

Jimeno volse di nuovo lo sguardo verso le bisacce che probabilmente contenevano la biancheria. Prodotta nel vecchio capanno vicino alla chiesa, trasformato da sua sorella in un laboratorio che fruttava dei bei soldi. Grazie alla lana di Guillén e con la benedizione di padre Ruderico, che si teneva una parte degli incassi per la cessione di quello spazio.

Se non puzzano quanto quel pollaio dove sono stati tessuti, sono sicuro che finiranno per prendere l'odore disgustoso di questo mulo.

"E così... dei regali, eh?" indagò il bargello.

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