Morenz Patricia - Per Sempre È Tanto Tempo
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«Ecco che arriva l’autobus» è l’unica cosa che dice e il momento intimo svanisce.
Salgo per prima e torna la paura, non conosco nessuna di queste persone e quasi tutti i posti sono occupati, dato che non siamo molto lontani dalla scuola. Per un momento penso di chiedere a Jake di sedersi con me, ma cambio idea appena sento una voce.
«Hey, Jake. Ti ho tenuto un posto» dice un ragazzo magro, con la pelle scura, che contrasta con Jake non solo per il colore della pelle, ma anche per il sorriso. Probabilmente è il suo nuovo migliore amico.
Vedo Jake prendere posto a fianco del ragazzo, mentre io passo alla fila successiva. C’è una ragazza con i capelli raccolti in un codino stretto, biondo cenere, un colore difficile da descrivere. Guarda fuori dal finestrino assorta nei suoi pensieri o nella musica emessa dai suoi auricolari. Non sembra una brutta persona, mi ricorda Campanellino – sono tentata di cercare Peter Pan -, così decido di tentare la fortuna.
«Scusa … posso sedermi qui?»
Si spaventa un po’ e subito si toglie uno degli auricolari.
«Sì, certo» risponde con cenno di assenso, timorosa e si addossa al finestrino, anche se c’è spazio sufficiente per entrambe, capisco subito che è timida, forse anche più di me.
«Sono Jocelyn» mi presento perché in realtà non ho nient’altro da dire.
«Sono Meryl» risponde e subito aggiunge «Sì, a mia mamma piace molto Meryl Streep. Sai, l’attrice di Hollywood, solo in caso tu viva sotto un sasso e non sappia chi è …».
In quell’istante qualcosa dentro di me si contrae all’udire la parola mamma , ma mi limito a sorridere. Non ho motivo di angosciare gli altri con i miei problemi. Inoltre, la ragazza è così nervosa che continua a divagare sulle qualità di attrice di Meryl Streep.
Riesco a sentire appena le parole di Jake e del suo amico, ma posso ancora osservarlo. I suoi capelli sono più scuri del solito, un poco più alti sopra che dai lati e con uno stile spettinato che sono sicura non è stato creato di proposito. Indossa una maglietta grigia con una giacca scura come i suoi jeans neri e le scarpe sportive. Sì, alcune cose non cambiano mai.
«Anche tu sei nuova?» chiede Campanellino riportandomi al presente.
«Mm … qualcosa del genere» rispondo incerta, «vivevo qui qualche anno fa, ma me ne sono andata e ora sono tornata per iniziare la scuola superiore.»
«Ah …» sembra delusa. «Allora devi avere degli amici qui, io sono di Washington. Mi sono appena trasferita.»
«Io … non lo so, spero di averne ancora qualcuno.»
In quel momento incontro lo sguardo di Jake. Non so se ha udito le mie parole.
«Io qui non conosco nessuno» si lamenta Meryl «ti da fastidio se siamo vicine di posto in autobus? Ho paura di alcune ragazzine sedute dietro.»
«Certo che no, va bene» rispondo mentre il suo viso s'illumina. Pensa che sia io a farle un favore quando è lei che lo fa a me.
«Possiamo andare insieme anche a vedere le nostre classi» propone entusiasta e subito precisa incerta «Ovviamente, se tu vuoi.»
«Grandioso» le sorrido. Potrei forse dirle di no? È così dolce.
Continuo a osservare Jake e il suo amico, cerco di ascoltare la loro conversazione, ma parlano così a bassa voce che ci rinuncio, finché all’improvviso vedo che alza la mano e da un colpo sulla nuca al suo amico, per scherzo, credo.
«Ahia! Okay! Sto solo scherzando» si lamenta il ragazzo, non riesco a sentire la sua risposta.
Dopo un poco mi guarda di nuovo e accorgendosi che anch’io lo guardo entrambi abbassiamo gli occhi. È così triste vedere ciò che resta della nostra amicizia.
«Ahhh!» grida, sussurra Meryl accorgendosi che abbiamo due ore di lezione insieme ed è una fortuna che la prima lezione di oggi sia una di queste.
«Dai cerchiamo questa classe» la incito per farla camminare.
«Possiamo sederci vicine se vuoi» mi dice di nuovo incerta, questa ragazza ha seri problemi d'inferiorità.
La osservo per un momento. Non si rende conto che è una ragazza piacevole se non inizia a dubitare di se stessa?
«Sì, benissimo» dico con un cenno di assenso.
Camminiamo tra la folla, dopo aver individuato i nostri armadietti, entriamo nella classe per la nostra prima ora di lezione. Ho perso di vista Jake appena scesi dall’autobus, ma lo intravedo di nuovo dalla porta dell’aula. Noto un posto vuoto accanto a lui e per un attimo penso di occuparlo, ma poi Meryl m'indica un paio di posti dall’altra parte, in realtà è quasi la stessa cosa perché avrò Jake alla mia sinistra e la mia nuova amica a destra.
«Guarda, il ragazzo dell’autobus che non smetteva di guardarti» lei sussurra al mio orecchio e le mie pulsazioni accelerano.
Jake mi stava osservando? Lo avevo notato appena, un paio di volte. Non rispondo nulla perché in quel momento entra la professoressa. Adesso sono io che non smetto di osservare di sottecchi il suo profilo, il modo in cui tiene in mano la matita e come la fa rimbalzare contro il quaderno.
Jake è mio amico e lo voglio di nuovo, ma non so come far tornare indietro il tempo e il suo silenzio mi sta uccidendo. Allora mi viene in mente un’idea, forse non posso tornare al momento in cui la nostra amicizia è finita, ma almeno posso provare a riprendere la nostra ultima conversazione. Spero che funzioni.
Strappo un foglio di carta senza fare tanto rumore e scrivo la risposta che gli devo da cinque anni, mentre ricordo il sapore dei biscotti con scaglie di cioccolato sfornati da mia madre. Piego il foglio e appena la prof ci da le spalle per scrivere qualcosa alla lavagna, mi armo di coraggio e mi sporgo per toccargli il braccio senza smettere di guardare davanti a me, anche così sento la sua sorpresa (e quella di Meryl che non smette di fissarmi, incuriosita).
Trattengo il respiro mentre lo vedo aprire il foglio e l’aria torna nei miei polmoni quando noto il barlume di un sorriso che s'impegna a trattenere, con la coda dell’occhio vedo che mi osserva un attimo prima di piegare di nuovo il foglio, continuando a scrivere.
Non so perché l’ho fatto, appena l’ho visto leggere quello che avevo scritto mi sono pentita del mio impeto di sincerità, ero disperata per vedere se il mio amico se ne era andato per sempre, oppure no, in ogni caso non avevo scritto nessuna bugia e lui meritava una risposta, anche dopo tanti anni dalla domanda.
Lui mi aveva chiesto se mi era piaciuto il bacio che mi aveva dato nella casa sull’albero. Mi ci erano voluti anni per accettarlo, ma oggi ho soltanto una risposta ed è quella che gli do adesso: sì, mi è piaciuto.
CAPITOLO 2
La mensa della scuola è molto rumorosa. Ho tentato il più possibile di ritardare il mio ingresso in quel recinto infernale. Mi sono accordata con Meryl per incontrarci qui e non sapevo se lei era già arrivata. Do un’occhiata in giro e non la vedo da nessuna parte, ma dei capelli scuri attirano la mia attenzione. Jake, è di spalle e noto che lo sguardo del suo amico si rivolge verso di me con curiosità, stanno pranzando su un tavolo in disparte, da soli. Mi viene l’idea di andare là senza essere invitata, ma non credo sia corretto, quindi cerco un tavolo vuoto all’estremità opposta e aspetto la mia amica.
È stata una mattinata orribile di presentazioni, ho tentato di schivare le domande personali e sono stanchissima, non vorrei fare pena a nessuno. Ho visto alcune facce familiari, ma nessuno mi ha rivolto la parola in tutta la mattinata.
Vedo Jake voltarsi e guardarmi solo una volta, so che lotta con l’idea di avvicinarsi a me o fare finta che non ci sono, ma qualcun altro prende la decisione al posto suo.
«Ciao, mi dispiace per il ritardo, eccomi qui» dice Campanellino «com'è andato il resto della tua mattinata?».
«Niente di buono» mi esprimo, senza molta emozione.
«Sì, un ragazzo ha continuato a darmi dei soprannomi per tutta la lezione, mi ha chiamato persino Campanellino. Ci credi?» non posso evitare di sorridere per queste parole.
«Mi dispiace, ma davvero le assomigli. Ma non farci caso, i ragazzi sono degli idioti.»
«Lo so …» sospira profondamente. «Ma tu, cos’hai con quel ragazzo? Ho visto che gli hai dato un biglietto. Ti piace?» chiede con emozione trattenuta nella voce.
«No !!!» esclamo troppo in fretta.«Lui … una volta era mio amico. Il mio migliore amico, in realtà.»
«E cosa è successo?»
«Me ne sono andata e non ho più saputo nulla di lui.»
«E perché adesso non riprendete la vostra amicizia?»
«Non lo so …» mi stringo nelle spalle.
Il resto della giornata è una noia mortale, abbiamo un’assemblea di benvenuto per i nuovi studenti che viene posticipata, davvero non so come potrò sopravvivere alla scuola superiore. Sono sicura di essere diventata la nemica della ragazza più popolare della scuola quando mi sono scontrata accidentalmente in corridoio con il suo stupido ragazzo, anche lui mi guarda come se avessi dei vermi in faccia. Ragazzi stupidi.
Sono contenta quando termino le ultime ore, ma poi mi ricordo che vedrò Jake continuare la propria vita e il suo nuovo amico sull’autobus e il mio stato d’animo finisce tre metri sottoterra.
Meryl cerca di essere amichevole e simpatica nonostante la sua timidezza, ma in realtà non voglio fare amicizia, voglio solo che finisca questa maledetta giornata. L’autobus si ferma alla mia fermata e vedo Jake alzarsi in piedi mentre io faccio lo stesso. Si avvicina un silenzio imbarazzante, ho questo presentimento.
Iniziamo a camminare senza dire una parola; non avevo mai pensato che il rumore dei passi potesse essere così sconfortante.
«E allora … com'è andata la tua vita?» chiede timoroso.
«Un disastro» ammetto con sincerità, lui sembra sorpreso.
Continuiamo in silenzio per qualche altro metro.
«Mi puoi raccontare, se vuoi» m'incoraggia e lo guardo confusa.
«Perché vorresti saperlo?»
«Perché siamo amici» risponde in un sussurro.
«Lo siamo?»
«Spero di sì.»
«E tu?» cambio argomento «Come va la tua vita?»
«Poteva andare meglio» mi osserva con attenzione.
«Mi puoi raccontare, se vuoi» ripeto le sue parole e questa volta sorridiamo entrambi.
«Sarà per un altro giorno, stiamo già arrivando a casa tua.»
«Sì, ci vediamo domani.»
«Ciao.»
Per la prima volta in tutta la giornata ho la speranza che forse non tutto è perduto.
Elena è stesa sul divano quando entro in casa, credo che stia guardando qualche serie televisiva, è troppo concentrata. Non voglio disturbarla, così salgo tranquillamente nella mia stanza. Va bene, sto mentendo. Sì, voglio disturbarla ed è proprio quello che faccio. Lei è la mia matrigna, ma in realtà non ho alcun rispetto né per lei né per nessun'altra donna che sta con mio padre, che non sia mia madre. Si è sposata con mio padre appena un anno fa e si crede la padrona e la signora della casa.
«Ma tu davvero non hai un lavoro? Eh?» più che una domanda è un'affermazione. Lei subito mi lancia occhiate di fuoco, ma si ricompone.
«Ne avevo uno, ma ho deciso di lasciarlo per un periodo, per occuparmi di tuo padre, della casa e ora anche di te.»
«Di me?!» esclamo offesa. «Non ho bisogno di nessuno che si occupi di me e tantomeno di te o di qualunque donnina che mio padre decida di mettere qui in casa.»
«Jocelyn, non parlare così, tutti vogliamo appoggiarti in questo momento così duro che stai attraversando.»
«L’unica maniera in cui puoi aiutarmi è non incrociando la mia strada» dico con tutto il disprezzo che sento e corro verso la mia stanza.
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