Анелия Каминская - Божественная комедия / Divina commedia
- Название:Божественная комедия / Divina commedia
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- Жанр:
- Издательство:Литагент АСТ
- Год:2015
- Город:Москва
- ISBN:978-5-17-088902-0
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e per autoritadi a lui concorde
d’i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
Ma dì ancor se tu senti altre corde
tirarti verso lui, sì che tu suone
con quanti denti questo amor ti morde”.
Non fu latente la santa intenzione
de l’aguglia di Cristo, anzi m’accorsi
dove volea menar mia professione.
Però ricominciai: “Tutti quei morsi
che posson far lo cor volgere a Dio,
a la mia caritate son concorsi [529] son concorsi – hanno contribuito
:
ché l’essere del mondo e l’esser mio,
la morte ch’el sostenne perch’ io viva,
e quel che spera ogne fedel com’ io,
con la predetta conoscenza viva,
tratto m’hanno del mar de l’amor torto,
e del diritto m’han posto a la riva.
Le fronde onde s’infronda tutto l’orto
de l’ortolano etterno, am’ io cotanto
quanto da lui a lor di bene è porto”.
Sì com’ io tacqui, un dolcissimo canto
risonò per lo cielo, e la mia donna
dicea con li altri: “Santo, santo, santo!”.
E come a lume acuto si disonna [530] disonnare = svegliare
per lo spirto visivo che ricorre
a lo splendor che va di gonna in gonna,
e lo svegliato ciò che vede aborre,
sì nescïa è la sùbita vigilia
fin che la stimativa [531] stimativa = estimativa
non soccorre;
così de li occhi miei ogne quisquilia [532] quisquilia – ogni residuo impedimento
fugò Beatrice col raggio d’i suoi,
che rifulgea da più di mille milia:
onde mei [533] mei – meglio di prima
che dinanzi vidi poi;
e quasi stupefatto domandai
d’un quarto lume [534] d’un quarto lume – Adamo
ch’io vidi tra noi.
E la mia donna: “Dentro da quei rai
vagheggia il suo fattor l’anima prima
che la prima virtù creasse mai”.
Come la fronda che flette la cima
nel transito del vento, e poi si leva
per la propria virtù che la soblima [535] soblima = sublime
,
fec’ io in tanto in quant’ ella diceva,
stupendo, e poi mi rifece sicuro
un disio di parlare ond’ ïo ardeva.
E cominciai: “O pomo che maturo
solo prodotto fosti, o padre antico
a cui ciascuna sposa è figlia e nuro [536] nuro = nuora
,
divoto quanto posso a te supplìco
perché mi parli: tu vedi mia voglia,
e per udirti tosto non la dico”.
Talvolta un animal coverto broglia,
sì che l’affetto convien che si paia
per lo seguir che face a lui la ‘nvoglia [537] invoglia = copertura, involucro
;
e similmente l’anima primaia
mi facea trasparer per la coverta [538] la coverta – attraverso l’aureola luminosa
quant’ ella a compiacermi venìa gaia.
Indi spirò: “Sanz’ essermi proferta [539] proferta = profferta
da te, la voglia tua discerno meglio
che tu qualunque cosa t’è più certa;
perch’ io la veggio nel verace speglio [540] speglio = specchio
che fa di sé pareglio [541] pareglio = simile, uguale
a l’altre cose,
e nulla face lui di sé pareglio.
Tu vuogli udir quant’ è che Dio mi puose
ne l’eccelso giardino [542] ne l’eccelso giardino – nel Paradiso Terrestre
, ove costei
a così lunga scala ti dispuose,
e quanto fu diletto a li occhi miei,
e la propria cagion del gran disdegno,
e l’idïoma ch’usai e che fei.
Or, figliuol mio, non il gustar del legno
fu per sé la cagion di tanto essilio,
ma solamente il trapassar del segno.
Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
quattromilia trecento e due volumi
di sol desiderai questo concilio;
e vidi lui tornare a tutt’ i lumi
de la sua strada novecento trenta
fïate, mentre ch’io in terra fu’mi.
La lingua ch’io parlai fu tutta spenta
innanzi che a l’ovra inconsummabile
fosse la gente di Nembròt attenta:
ché nullo effetto mai razïonabile,
per lo piacere uman che rinovella
seguendo il cielo, sempre fu durabile [543] durabile = durevole
.
Opera naturale è ch’uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v’abbella [544] v’abbella – vi piace
.
Pria ch’i’ scendessi a l’infernale ambascia,
I s’appellava in terra il sommo bene
onde vien la letizia che mi fascia;
e El si chiamò poi: e ciò convene,
ché l’uso d’i mortali è come fronda
in ramo, che sen va e altra vene.
Nel monte [545] nel monte – nel Paradiso Terrestre
che si leva più da l’onda,
fu’ io, con vita pura e disonesta,
da la prim’ ora a quella che seconda,
come ‘l sol muta quadra, l’ora sesta”.
aborrire – ненавидеть, пренебрегать
ambascia f – одышка, горе
appellarsi – взывать, обращаться
avvantaggiare – улучшать, усиливать
brogliare – интриговать, волноваться
concilio m – церковный собор
defunto m – покойник, покойный, скончавшийся
fulgido – блистающий, сверкающий
idioma m – язык, диалект
infernale – адский
infrondare – покрываться листвой
maturo – зрелый, спелый
orto m – огород, сад, восток, восход
ortolano m – огородник, садовник
preconio m – хвала, восхваление
predetto – вышеназванный, предсказанный
quadra f – четверть круга, манера, образ
quisquilia f – соринка, вздор
sempiterno – вековечный
stupefatto – пораженный, изумленный
Canto XXXIII
“Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore [546] l’amore – l’amore di Dio verso l’uomo, compromesso dal peccato originale
,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual [547] qual – chi
vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi [548] questi – Dante
, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute [549] l’ultima salute – Dio
.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi [550] li affetti suoi – i suoi sentimenti
.
Vinca tua guardia [551] tua guardia – la tua difesa
i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!”.
Li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi ne l’orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati;
indi a l’etterno lume s’addrizzaro,
nel qual non si dee creder che s’invii
per creatura l’occhio tanto chiaro.
E io ch’al fine di tutt’ i disii
appropinquava, sì com’ io dovea,
l’ardor del desiderio in me finii.
Bernardo m’accennava, e sorridea,
perch’ io guardassi suso; ma io era
già per me stesso tal qual ei volea:
ché la mia vista, venendo sincera,
e più e più intrava per lo raggio
de l’alta luce che da sé è vera.
Da quinci innanzi il mio veder fu maggio
che ‘l parlar mostra, ch’a tal vista cede,
e cede la memoria a tanto oltraggio.
Qual è colüi che sognando vede,
che dopo ‘l sogno la passione impressa
rimane, e l’altro a la mente non riede [552] non riede – non torna a mente
,
cotal son io, ché quasi tutta cessa
mia visïone, e ancor mi distilla
nel core il dolce che nacque da essa.
Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.
O somma luce che tanto ti levi
da’ concetti mortali, a la mia mente
ripresta un poco di quel che parevi,
e fa la lingua mia tanto possente,
ch’una favilla sol de la tua gloria
possa lasciare a la futura gente;
ché, per tornare alquanto a mia memoria
e per sonare un poco in questi versi,
più si conceperà di tua vittoria.
Io credo, per l’acume [553] per l’acume – per l’acutezza
ch’io soffersi
del vivo raggio, ch’i’ sarei smarrito,
se li occhi miei da lui fossero aversi [554] aversi – distolti
.
E’ mi ricorda ch’io fui più ardito
per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi
l’aspetto mio [555] l’aspetto mio – il mio sguardo
col valore infinito.
Oh abbondante grazia ond’ io presunsi
ficcar lo viso per la luce etterna,
tanto che la veduta vi consunsi!
Nel suo [556] suo – della luce divina
profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.
La forma universal di questo nodo
credo ch’i’ vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.
Un punto solo m’è maggior letargo
che venticinque secoli a la ‘mpresa
che fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo.
Così la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar faceasi accesa.
A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;
però che ‘l ben, ch’è del volere obietto,
tutto s’accoglie in lei, e fuor di quella
è defettivo ciò ch’è lì perfetto.
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